Xenoblade Chronicles è un gioco la cui fama e fortuna è dovuta, per quanto assurdo possa sembrare, non solo alla propria qualità, ma anche alla poca fiducia che inizialmente era stata riposta in esso al momento della sua uscita di 10 anni fa.
Destinato a rimanere per sempre relegato al solo Giappone, furono necessarie richieste insistenti e, per quanto riguarda l’uscita americana, addirittura campagne dei fan occidentali, desiderosi di giocare questo titolo da molti acclamato come un capolavoro, perché finalmente arrivasse in Europa nel 2011 e in America l’anno ancora dopo.
La storia di questi eventi è lunga e interessante, ma vi basti sapere che, 10 anni dopo, la serie di Xenoblade (diventata Xenoblade Chronicles in Occidente, per motivi che ancora non comprendo del tutto) è più viva e apprezzata che mai, come Xenoblade Chronicles: Definitive Edition è pronto a ricordarci ancora una volta.
Xenoblade Chronicles: Definitive Edition non è un nuovo gioco, o almeno, non propriamente. Si tratta piuttosto di una nuova versione (per alcuni un remake, per altri una remastered, come sembrano pensarla a Monolith Soft) del primo titolo che ci permette di giocare e (ri)vivere le avventure di Shulk e i suoi amici e compagni proprio come prima, con l’aggiunta di un epilogo totalmente inedito, “Un futuro comune”.
Il sottotitolo “Definitive Edition” punta dunque a lasciar intendere che, sì, il gioco è ancora lo Xenoblade che tutti amiamo, ma è ora nella sua versione definitiva, totalmente migliorato e perfezionato, al fine di raggiungere vette ancora più alte rispetto al passato.
Splendido, no?
C’erano una volta due titani…
Una prima volta per tutti
Nel caso di un “remake” così simile all’originale da non essere nemmeno unanimemente considerato tale, penso che in sede di recensione l’aspetto fondamentale da considerare sia effettivamente ciò che la nuova versione porta di nuovo e come (o se) migliori il prodotto di base.
Tuttavia, nel caso di Xenoblade Chronicles, va detto che molti non hanno avuto la possibilità di giocare alla sua prima versione su Nintendo Wii (si trattava pur sempre di un gioco di nicchia di un genere anch’esso di nicchia su una console che non puntava particolarmente ai JRPG) o su New Nintendo 3DS (console che non tutti avevano e, diciamocelo, non molto adatta a un gioco di così ampio respiro come questo, così focalizzato sull’esplorazione e la bellezza delle sue ambientazioni), perciò saranno tanti coloro che si approcceranno alla Definitive Edition con una conoscenza minima o nulla di ciò a cui andranno incontro. Per questo, desidero comunque riassumere i punti principali del gioco e i motivi per cui esso sia tuttora considerato da molti uno dei capolavori del genere, se non del medium videoludico stesso.

Il mondo in cui si svolgono le vicende di Xenoblade Chronicles è diverso dal nostro: tutti gli esseri viventi abitano sui corpi senza vita di due enormi creature, i titani Bionis e Mechanis, che milioni di anni prima dell’inizio del gioco si erano affrontati in un duello.
Col passare del tempo, su di essi si svilupparono varie razze, tra cui gli Homs, ossia gli esseri umani come noi li conosciamo, principali abitanti di Bionis.
La pace, però, non era destinata a durare.
Gli abitanti di Mechanis, delle macchine dette, appunto, Mechan, iniziarono un’invasione dell’altro titano, sterminando tutti gli esseri viventi che incontravano. Fu solo grazie all’intervento di Dunban, l’eroe della Colonia 9, e la sua misteriosa spada Monade che essi vennero respinti e gli Homs poterono tornare a vivere pacificamente.
Alcuni anni dopo facciamo la conoscenza del protagonista del gioco, Shulk, un ragazzo della Colonia 9 che si interessa di macchine e ingegneria e sta studiando la Monade allo scopo di carpirne i segreti. La sua vita prosegue nella normalità in compagnia dei suoi cari amici Reyn e Fiora, sorella di Dunban, ma purtroppo essa prenderà presto una brutta piega quando i Mechan invaderanno all’improvviso la sua colonia, portando morte e distruzione e spezzando la tranquillità della sua vita quotidiana.
Sarà durante questo attacco che Shulk, per la prima volta, sarà costretto a impugnare la Monade, scoprendo così di essere l’unico in grado di controllarla e di impiegarne il vero potenziale.
Incapace di lasciarsi alle spalle la tragedia e far finta di niente, Shulk deciderà di abbandonare la Colonia 9 e viaggiare con la Monade alla ricerca della verità, della vendetta e, soprattutto, della pace che deriverà dall’eliminazione totale della minaccia Mechan. Questo lungo viaggio lo porterà a visitare tutto Bionis, e forse anche più lontano…
Parlare più approfonditamente della storia di Xenoblade è praticamente impossibile senza fare spoiler, in quanto si tratta di una narrazione che tende periodicamente ad ampliare la propria portata, partendo da quello che potrebbe essere un incipit da generico “shonen manga” per arrivare a una storia profonda, toccante e fortemente filosofica, con personaggi ben caratterizzati e ricca di momenti indimenticabili.
Si tratta di un’opera che è rimasta nel cuore di molti giocatori, specie di chi, come me, ha trovato proprio in Xenoblade Chronicles una prova che il videogioco può essere un medium narrativo, e non solo ludico. Certo, ci sono sicuramente concetti che, ormai, non sono più così “nuovi” come ai tempi, e inevitabilmente non tutti i personaggi e le scene sono così buoni come altri, ma se cercate una storia insieme interessante e profonda, un universo con un ottimo world-building ma anche affascinante a un livello più superficiale e un cast con cui divertirsi e in cui rivedersi, allora questo è assolutamente il gioco adatto a voi, considerati anche i temi sempre attuali che tratta.
Esplorando il corpo (del) titano
Xenoblade Chronicles non avrebbe raggiunto lo status leggendario che ha allo stato attuale se non fosse stato anche molto piacevole da giocare, e infatti anche in questo aspetto il gioco non fa che eccellere.
Il sistema di Xenoblade funziona in maniera molto semplice: ci muoveremo con un team di tre personaggi (un leader, da noi controllato, e due extra controllati dalla CPU) all’interno di vaste aree, talvolta più rettilinee, ma nella maggior parte dei casi aperte e ricche di bivi e biforcazioni, cercando di raggiungere il punto richiesto per proseguire con la trama.

L’immensità del mondo di gioco, unita alla possibilità di arrivare praticamente ovunque sia possibile posare lo sguardo, rende l’esplorazione molto più interessante e piacevole di quanto possa sembrare in un primo momento. Per quanto sia possibile passare sempre da un punto A a un punto B, dove proseguirà la trama, ciò vorrebbe dire rinunciare a un’enorme parte di tutto ciò che Xenoblade ha da offrire.
L’esplorazione non è solamente un vezzo estetico, nonostante i panorami che si possono scoprire in alcune zone siano davvero mozzafiato, ma è anche molto importante a livello pratico. Scoprire nuove aree darà punti esperienza al nostro team, senza contare che in alcune di esse potremmo trovare nuove missioni secondarie o strumenti utili.
Perdersi per Bionis è dunque una parte fondamentale dell’esperienza di gioco, ma non finisce mai per diventare una tortura autoinflitta: grazie ad alcune comodissime funzioni della mappa (la maggior parte delle quali sono state aggiunte in questa Definitive Edition) non solo sarà sempre possibile trovare il percorso più rapido da seguire per arrivare all’obiettivo di una missione, ma sarà anche segnalata la presenza di oggetti e nemici necessari per il completamento di un incarico, nonché il luogo dove trovare un Dialogo empatico ancora da vedere. Non va trascurata poi l’enorme importanza e comodità dei PdR (Punti di Riferimento), dei luoghi speciali che, una volta scoperti, saranno raggiungibili istantaneamente in quasi qualunque momento semplicemente aprendo la mappa.
Non di sola esplorazione vive però Shulk, che purtroppo incontrerà numerosi nemici nel corso delle sue avventure. In queste occasioni, naturalmente, sarà necessario combattere e sarà possibile farlo tramite un sistema in tempo reale, benché non completamente action. Fan dei JRPG più calmi e ragionati, potete (più o meno) tirare un sospiro di sollievo.
Le battaglie in Xenoblade hanno inizio nel momento in cui decidiamo di dichiarare aperto uno scontro, dopo aver puntato un nemico, oppure esso ci attacca di sua spontanea volontà. Durante il combattimento, i vari personaggi effettueranno degli attacchi automatici ogni tot di tempo, purché si trovino alla distanza adatta dal loro bersaglio. Nel frattempo, potremo muoverci liberamente, cercando di metterci nelle posizioni più di vantaggio, e soprattutto utilizzare delle tecniche speciali proprie del personaggio che stiamo usando. Ognuna di esse ha un effetto diverso: alcune servono per fare danno, altre per infliggere stati alterati, altre ancora per curare se stessi o i propri compagni, e così via. Una volta utilizzate, esse avranno bisogno di un certo tempo per ricaricarsi, terminato il quale sarà possibile usarle di nuovo.
Ognuno dei nostri eroi avrà un proprio modo di giocare diverso, e sarà possibile scegliere dunque non solo la combinazione di tre unità migliore per il nostro stile (e per i nemici che avremo di fronte), ma anche decidere quale utilizzare personalmente, ossia presumibilmente quello che meglio si adatta al ruolo che amiamo ricoprire. Shulk è un personaggio abbastanza bilanciato, in grado di svolgere vari ruoli, benché quello principale sia di utilizzare le tecniche Monade per combattere i Mechan e i nemici particolarmente potenti. Reyn è un ottimo tank, mentre Sharla è adatta a curare i propri compagni… insomma, c’è l’imbarazzo della scelta, anche se spesso il gioco tende innegabilmente a consigliare l’utilizzo del protagonista, che di certo semplifica molto le cose.
Il sistema di combattimento funziona nel complesso molto bene, richiedendo molta più strategia che riflessi e garantendo sì da un lato il livello di complessità a cui ci hanno abituati gli altri capitoli della serie, ricchi di meccaniche concatenate tra loro da tenere in considerazione per combattere al meglio, ma anche dall’altro la possibilità di cavarsela sempre anche senza averne piena padronanza (cosa che ahimè non è possibile dire in particolare di Xenoblade Chronicles X). L’azione di bilanciamento adoperata dalla Definitive Edition, unita all’aggiunta di una modalità Casual, totalmente opzionale e indirizzata a chi non vuole faticare troppo e concentrarsi sulla storia, permette a chiunque di raggiungere il finale senza particolare frustrazione.
Gli eroi del popolo
Nel corso del gioco saranno numerose, anzi, numerosissime le missioni secondarie che potremo accettare dagli altrettanto numerosi NPC. Ce ne sono di vario tipo, dalle più semplici, che richiedono di eliminare un tot di mostri di una certa specie o di trovare un certo materiale, a quelle più elaborate, con una vera e propria storyline che prosegue anche in missioni successive.
Proprio le seconde hanno contribuito molto alla fama del gioco, dato che alcune di esse possono ad esempio essere risolte in modi diversi, che ne cambiano anche il risultato finale e influenzano le relazioni tra gli NPC, sempre osservabili nel “Diagramma intesa”.
Basandosi su questo, nei titoli successivi il team di Xenoblade ha investito ulteriormente sul creare missioni secondarie perlopiù interessanti e variegate, in grado almeno di strappare un sorriso e non sembrare semplice “dovere”, specie dato che esse, insieme all’esplorazione, sono il metodo migliore di guadagnare Punti Esperienza ed essere pronti ad affrontare i potenti boss della storia principale.
Purtroppo, lo stesso non vale per questa Definitive Edition, che pur avendo reso più rapide e semplici le missioni grazie alle funzioni della localizzazione degli obiettivi di cui si è parlato prima, non ha affatto contribuito a renderle più interessanti o se non altro meno tediose.
Sono davvero troppe quelle in cui ci viene semplicemente richiesto di fare avanti e indietro sperando che compaia giusto il materiale che cerchiamo, o che il mostro sconfitto droppi l’oggetto richiesto. Per quanto io mi sforzi sempre di completare Xenoblade al 100%, farlo in questo primo capitolo richiederà purtroppo un forte sforzo di volontà.


Un futuro comune
La principale attrattiva, almeno per chi ha già giocato alla versione originale del gioco, è però certamente “Un futuro comune”, un nuovo epilogo che si svolge un anno dopo la fine della storia principale e che, a detta del Director Tetsuya Takahashi, è fortemente legato al futuro della serie stessa. Si tratta dunque di “un futuro comune” non solo a livello narrativo (eviterò spoiler, naturalmente, ma la trama ruota principalmente intorno a Melia e al futuro che sceglierà per il suo popolo), ma anche metanarrativo, perché in questa storia verranno introdotti concetti, idee o eventi che ci serviranno per un eventuale Xenoblade Chronicles 3, o qualunque cosa succederà prossimamente con la serie.
O almeno, così mi aspettavo.
Chiariamolo subito: “Un futuro comune”, narrativamente parlando, è stato abbastanza deludente.
Intendiamoci, stiamo parlando di un prodotto di Monolith, il loro “deludente” è probabilmente un “sopra la media” di altre compagnie. Ci troviamo di fronte a una storia nel complesso gradevole, che si lascia giocare e funge da pretesto per le avventure dei protagonisti, ma purtroppo manca di tutto quello che rende grandiosi gli altri capitoli della serie, e in particolare pecca dell’assenza di tensione data dalla mancanza di un vero antagonista e da una battaglia finale che non ha nulla a che vedere con quelle a cui siamo abituati.
La narrazione di questo epilogo extra è quasi esclusivamente concentrata sulla sua protagonista, Melia, che riceve fortunatamente lo spazio che merita, dimostrando ancora una volta che è probabilmente il miglior personaggio del gioco originale. L’ho detto.
Qui, la giovane Haientia ci viene presentata ancora più matura che in passato, mentre fa del suo meglio per sé e per il suo popolo e guarda al futuro con rinnovata sicurezza.
Ad accompagnarla, oltre all’amico Shulk, protagonista della storia principale, ci sono due Nopon, Kino e Nene. Questi ultimi non possono contare su una caratterizzazione pregressa, ed è per questo che il gioco si concentra anche su di loro, soprattutto tramite missioni secondarie e Confidenze (gli equivalenti dei Dialoghi empatici, ossia delle conversazioni opzionali tra due personaggi). Nel complesso i due risultano non solo divertenti macchiette, come un po’ tutti i Nopon, ma anche personaggi piacevoli di per sé, che sono riusciti a conquistarmi nonostante il poco tempo a disposizione.
Shulk, purtroppo, è la “mela marcia” del team, che aggiunge davvero poco alla storia e sembra presente più per “necessità”, in quanto protagonista precedente, che perché avesse effettivamente qualcosa da dire.
Il futuro che ci aspettiamo
Capire cosa ci dobbiamo aspettare da Monolith Soft per il futuro non è onestamente semplice, specie dopo alcune confuse dichiarazioni del passato più o meno recente. Quel che è certo è che Xenoblade Chronicles è una serie destinata a durare, con almeno un altro capitolo davanti, ma non è da escludere che prima ci aspetti una nuova IP di qualche tipo.
L’insistenza su Melia e su “Un futuro comune” come primo sguardo al futuro della serie potrebbe farci pensare che la vicenda di un terzo capitolo potrebbe coinvolgere la giovane nell’indagine di queste fenditure misteriose… che sia la volta buona per un “unione” dei cast dei primi due capitoli? Quel che importa è che la serie continui a mantenersi così interessante e interconnessa, magari recuperando anche il povero Xenoblade Chronicles X e il suo finale con cliffhanger…
(no, non voglio parlare di Xenogears e Xenosaga, fa troppo male)

“Un futuro comune” è dunque una storia che riesce a reggersi in piedi solo perché guidata da personaggi ottimi (Shulk a parte), ma fallisce nel momento in cui la consideriamo alla luce delle dichiarazioni di cui sopra. La connessione, lasciata intendere fin dal titolo, in realtà non c’è, né chiarisce affatto cosa succederà nel futuro della serie. In generale, sono davvero pochissime le “scoperte” che sembrano davvero destinate a essere importanti a lungo termine, in quanto l’origine del “Re della nebbia”, il misterioso antagonista che ci troveremo ad affrontare, non viene mai spiegata, né viene mai spiegato cosa sia il varco da cui è uscito. Certo, questo potrebbe essere il tema principale di un possibile “Xenoblade Chronicles 3”, ma nel complesso la storia sembra più un enorme tease che un effettivo tassello fondamentale, quindi è difficile non avere l’impressione che si tratti di un’aggiunta in extremis per incentivare anche i vecchi fan del gioco ad acquistare questo “remake”.
Fortunatamente, almeno per quanto riguarda il gameplay “Un futuro comune” non delude, ma presenta un more of the same di quanto già offerto nella storia principale. Le differenze sono minime, in quanto le esplorazioni si svolgono proprio come prima e anche il combattimento presenta solo leggere variazioni, come la mancanza delle visioni di Shulk e la sostituzione degli assalti di gruppo con quelli dei Pomspettori: anziché funzionare con un sistema di catene di tecniche come in passato, ora potremo scegliere tra un attacco potente, uno che cura i nostri alleati e un terzo che applica dei debuff ai nemici. Più semplice, dunque, ma onestamente più immediato, funzionale e interessante.

Si nota comunque chiaramente che si tratta di una creazione più moderna, in quanto a confronto con l’originale numerosi sono i miglioramenti in particolare per quanto riguarda le missioni secondarie, molto più piacevoli e interessanti, nonché di quantità un po’ più ridotta. Non ci sono più listoni di mostri da sterminare senza un vero e proprio contesto, ma le vicende degli NPC che incontreremo saranno più vivaci e coinvolgenti, proprio come ci ha abituati Xenoblade Chronicles 2, ad esempio.
È però un peccato che, per il resto, di novità non ce ne siano poi così tante: il sistema di combattimento nuovo promesso prima dell’uscita, come abbiamo visto, non presenta particolari differenze, specie se consideriamo che Shulk e Melia si giocano allo stesso identico modo, mentre Nene e Kino replicano lo stile di lotta di Reyn e Sharla rispettivamente (tanto che nella descrizione di una tecnica della nopon tank il soggetto è “Reyn”, e non “Nene”…). Diciamo che, anche in questo aspetto, “Un futuro comune” pecca un po’ troppo di “pigrizia”, non soddisfacendo appieno le aspettative che i commenti prima dell’uscita del gioco ci avevano dato.
Definitiva sì, ma necessaria?
Tirando le somme, Xenoblade Chronicles: Definitive Edition è, molto semplicemente, quello che il nome stesso lascia intendere, ossia una versione “definitiva” e rinnovata del classico uscito dieci anni fa su Nintendo Wii. Esso si porta dietro tutti i suoi pregi, ma, ahimè, non ha abbandonato molti dei suoi difetti. Le innovazioni sono quasi esclusivamente grafiche, e infatti il gioco è assolutamente più bello da vedere, nonché di bilanciamento dei combattimenti, oltre all’aggiunta di alcune funzioni quality of life degne di nota.
Tra esse, voglio ribadire ancora una volta che la possibilità di vedere in un qualunque momento dove ci si debba recare per ogni missione, principale e secondaria, oltre che addirittura il percorso più rapido per arrivarci, è assolutamente degna di nota, rendendo il gioco molto meno frustrante e riducendo di moltissimo il tempo sprecato in passato alla ricerca di un materiale la cui comparsa era totalmente casuale. È solo un peccato che essa sia anche l’unica davvero notevole, o quasi.
La Definitive Edition sfigura specialmente se confrontata a Xenoblade Chronicles 2, uscito anch’esso su Nintendo Switch nell’ormai lontano 2017, eppure molto più comodo e piacevole da giocare. Sento in particolare la mancanza delle icone presenti sopra agli NPC, che ne indicavano in maniera chiara non solo il nome, ma anche se avevano qualcosa di nuovo da dire. E dire che, almeno nel gioco principale, parlare con i personaggi non giocabili non era così importante, a differenza di qui, in cui tra il Diagramma Intesa e le persone da invitare alla Colonia 6 è spesso richiesto di interagire con chiunque si incontri, in vari momenti della storia.
Sarebbero state parecchio utili, quindi perché non utilizzarle anche qui?
Tenendo conto anche della relativa poca importanza di “Un futuro comune” e di quanto di poco conto i miglioramenti apportati al gioco originale siano nel complesso, specie in relazione a un precedente titolo della serie, non posso fare a meno di chiedermi se ci fosse veramente bisogno di creare questa nuova versione del gioco. Da un lato capisco la necessità di rendere più facile per i giocatori che si sono interessati troppo tardi alla serie recuperare il suo primo, fondamentale capitolo, specie se in futuro esso sarà ancor più necessario alla comprensione, ma dall’altro trovo che sia stata un po’ un’occasione sprecata, o comunque che si tratti di un’operazione che manchi di valore per chiunque abbia giocato già alla versione originale e non senta un bisogno irrefrenabile di rigiocarci.
Un grande mondo per un piccolo schermo
Se non vi è bastata l’esperienza su New Nintendo 3DS, o anche quella di Xenoblade Chronicles X su Wii U GamePad, o ancora Xenoblade Chronicles 2… no, nemmeno questa Definitive Edition si può giocare in maniera soddisfacente in modalità portatile.
Dai 720p massimi (che si riducono fino a 504p) raggiungibili giocando docked, in modalità portatile si scende fino a 540p (che possono ulteriormente ridursi a 378p). I 30 FPS si mantengono più o meno stabili in entrambe le modalità, quanto meno.
Tecnicismi a parte (ma se volete saperne di più, vi rimando qui), il mondo di gioco è semplicemente troppo vasto, troppo grande e troppo bello da vedere perché possa rendere bene su un piccolo schermo, e al di là della innegabile perdita di qualità, è anche molto più difficile giocarci bene. L’azione a schermo diventa più confusa, il che non è il massimo per un titolo che, benché non frenetico come altri, resta comunque in tempo reale.
Insomma, il gioco in qualche modo funziona anche in portatile, se è la vostra unica scelta, ma in qualsiasi altro caso è assolutamente consigliabile godervi Bionis sullo schermo della vostra TV.

È proprio per questo che, nonostante questa sia, effettivamente, la versione migliore di uno dei miei giochi preferiti di sempre, non me la sento di promuovere completamente questo titolo. Se però non avete mai giocato all’originale e, dunque, non conoscete ancora le avventure di Shulk e i suoi amici, allora non lasciatevi scoraggiare, ma anzi, iniziate quanto prima la vostra esplorazione di Bionis. Non ve ne pentirete.
DEFINITIVO/10
L’edizione definitiva di Xenoblade Chronicles non può che essere bella almeno quanto l’originale, ed è dunque consigliatissima a chiunque non abbia mai avuto l’occasione di giocare a uno dei migliori JRPG di sempre. Per tutti gli altri, invece, ha purtroppo poco da offrire, quindi sta a ognuno valutare quanto fortemente desideri acquistarlo nuovamente con le sue (poche) novità.