È incredibile come tra i titoli più popolari e discussi del 2015, accanto ad un The Witcher 3 o un Metal Gear Solid V, vi sia un piccolo e spartano indie fatto con mezzi semplicissimi e pochi soldi: ma Undertale è riuscito nell’impresa ed è entrato di prepotenza nella scena videoludica lasciandovi il segno.
Quello che non tutti sanno, però, è che Undertale è anche un meraviglioso omaggio ad una delle IP Nintendo meno note al grande pubblico, una povera serie bistrattata in primis dalla sua stessa software house, piagata per anni da una localizzazione monca e un pessimo marketing: sto parlando di MOTHER, o Earthbound, per chi la conosce attraverso la versione americana o le ripubblicazioni su Virtual Console di questi ultimi anni. La serie, composta da tre titoli, è infatti giunta a noi occidentali solo per due terzi (finora) e non in ordine, con Earthbound/MOTHER 2 pubblicato prima di Earthbound Beginnings/MOTHER.
Dietro a questa trilogia di RPG a turni all’apparenza molto classica vi è Shigesato Itoi, brillante ed eccentrico scrittore che ha infuso queste sue caratteristiche nei giochi, rendendoli estremamente bizzarri, dall’umorismo unico e una punta di malinconia e angoscia primordiale che qua e là si fanno strada tra un personaggio buffo o una battaglia combattuta con yoyo e padelle.
Toby Fox, autore di Undertale, non ha mai nascosto l’amore per questa serie, anzi: nella community di fan di MOTHER è famoso per aver sviluppato una hack di Earthbound e partecipato come compositore ad album fanmade dedicati alla trilogia.

I giochi però non guadagnano consensi di pubblico e critica solo ricopiando altri giochi, ed infatti chiamare Undertale plagio o brutta copia di Earthbound come fanno alcuni detrattori è riduttivo e sbagliato: il gioco è evidentemente un progetto estremamente personale per Toby Fox, frutto del suo amore per tutto il media videoludico, per le sue potenzialità narrative e per i messaggi che può trasmettere al giocatore. Il fatto che sia Undertale che MOTHER siano progetti che esprimono tutte le ispirazioni e le idee dei rispettivi autori è, paradossalmente, una cosa che li rende sì simili, ma allo stesso tempo diversi, poiché per Toby Fox la trilogia di Itoi è solo una parte di questo suo bagaglio culturale. Una parte importante, ma pur sempre una parte.
È interessante notare come le analogie tra la serie di MOTHER e Undertale si possano dividere in più livelli di lettura: vi sono riferimenti immediati, che saltano subito all’occhio (e all’orecchio), mentre altri sono più nascosti, più ragionati, e solo dopo una attenta analisi è possibile coglierli ed apprezzarli.

Tra i riferimenti più immediati ve ne sono svariati sul comparto grafico e sul design dei personaggi, a partire dal piccolo umano protagonista del gioco: egli (o ella?) indossa una maglia a righe, così come fanno tutti i bambini mostri e, guarda caso, tutti i bambini protagonisti dei tre MOTHER. E avete presente Papyrus, il buffo e ingenuo scheletro amante degli spaghetti? Quelli sulla sua maglietta non sono sprite messi a caso, bensì lo stemma degli Starmen, gli alieni invasori che compaiono nei primi due titoli della serie Nintendo.

Generalmente lo stile visivo di Undertale attinge a piene mani da MOTHER, con i suoi colori vividi, la sprite art così spartana, un character design semplice ma efficace, cartoonesco e stilizzato; abbiamo oggetti inaminati che prendono vita, creature basate su animali esistenti, creazioni dell’uomo agire di propria volontà, robot, esseri antropomorfi, e anche inquietanti ibridi. Come se non bastasse, la schermata delle battaglie è ripresa in maniera consistente da Earthbound Beginnings, con il suo sfondo nero, il nemico mostrato frontalmente e le opzioni del giocatore in basso, tant’è che quando vidi per la prima volta un trailer del gioco (parliamo di quando uscì la demo e ancora non conoscevo il percorso formativo di Toby) capii subito che l’autore avesse giocato almeno un MOTHER.

Nemmeno il comparto sonoro scherza con le citazioni e i rimandi, a partire da alcuni tile del soundfont di Undertale ripresi pari pari da quelli di MOTHER 2, come si evince in alcuni brani del gioco. Inoltre, un paio di pezzi della colonna sonora di Undertale sono nati prima del gioco: ad esempio Megalovania era inizialmente il battle theme del boss finale della sua hack, e Fallen Down, il brano che accompagna la prima apparizione di Toriel, proviene dall’album fanmade “I Miss You – Earthbound 2012”.
Anche i brani originali della colonna sonora hanno spesso quel sapore che hanno i brani della serie di MOTHER, con le sue pesanti influenze rock, jazz, e prog; è noto che Earthbound sia pieno zeppo di citazioni ai Beatles. Anche Undertale predilige un registro moderno per accompagnare le esplorazioni e le battaglie, con un uso smodato del chiptune per dare ancor più l’impressione di gioco “vintage”.
Come dicevo sopra, però le analogie non si fermano solo nel riprodurre uno stile visivo e musicale, ma ve ne sono altre più recondite, e anche più interessanti da cogliere ed analizzare, perché un conto è imitare uno stile visivo o musicale, un altro è riprendere temi narrativi ed integrarli in una trama differente.
Attenzione, però: da qui in poi l’articolo si fa ricco di spoiler, perciò procedete con cautela.
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I MOTHER presentano generalmente trame autoconclusive, con pochi e labili legami tra un capitolo e un altro, ma in essi ricorrono alcune tematiche, come il viaggio, le soluzioni non violente per porre fine ad un conflitto, la famiglia.
La narrazione dei MOTHER si concentra generalmente molto sulle peripezie dei protagonisti, sui personaggi buoni o malvagi incontrati, sui legami e le relazioni che si formano, a discapito dell’importanza dell’obiettivo finale: ciò è esemplificato nel “Camera Man” di Earthbound, il fotografo che compare assolutamente a caso e scatta ogni tanto foto al party, foto che vengono raccolte e mostrate durante i credits, come a ricordare al giocatore tutti i bei momenti che ha vissuto nel corso dell’avventura.

La famiglia ha un ruolo focale nella trama e nel gameplay, con sfumature diverse nel corso della serie: uno degli status negativi in cui può incorrere Ness è la nostalgia di casa, condizione che avviene se non telefona al padre o non passa per la sua casetta di Onett di tanto in tanto nel corso del gioco; Giegue, il capo degli alieni invasori del primo MOTHER, rinuncia ai suoi propositi di conquista perché ripensa ai suoi genitori adottivi umani; e, dulcis in fundo, la tragedia che colpisce la famiglia di Lucas è l’incipit di quel capolavoro di MOTHER 3.

Vi è poi il profondo messaggio pacifista della serie, dove i boss finali non vengono mai sconfitti con la forza bruta, ma con metodi molto meno violenti, che sia cantare una vecchia ninna nanna per risvegliare l’umanità del malvagio invasore, pregare affinché la speranza delle persone contrasti il potere fuori controllo dell’odio di Giygas, o, semplicemente, smettere di combattere seriamente, perché chi dovresti uccidere è in realtà una persona a te cara. I MOTHER portano avanti un potente messaggio di pace e tolleranza, dove la violenza genera altra violenza e dove la figura dei bambini protagonisti è sia una parodia del cliché dei ragazzini che salvano il mondo, ma anche simbolo della purezza, impossibile da trovare nei cinici adulti.
Voi che avete giocato Undertale, vi sta suonando qualche campanello, vero?
Anche in Undertale questi tre temi sono riproposti. Il più evidente è quello della non violenza, che ci viene presentato sin dall’inizio dell’avventura e ricordato continuamente, ogniqualvolta che il giocatore affronta in battaglia un nemico e può decidere se ucciderlo o risparmiarlo. Se inizialmente le due scelte sembrano analoghe, nel finale ci si rende conto che si viene premiati maggiormente mantenendo una condotta diplomatica, poiché solo se non si è ucciso nessuno, nemmeno il mostriciattolo più insignificante, si può ottenere il “vero” finale, un finale dove tutti, o quasi, riescono ad ottenere ciò che ambiscono. Al contrario, più si è violenti più il finale risulta amaro, poco soddisfacente, o peggio ancora denigratorio. Inoltre in due delle battaglie finali il punto focale non è “combattere” il nemico, è convincerlo a cedere dai suoi propositi violenti: contro Flowey possiamo confidare nell’aiuto fornitoci dalle altre anime umane, contro Asriel dobbiamo riaccendere le memorie e l’umanità in tutti i mostri che ci hanno accompagnato durante la nostra avventura nel Sottosuolo, compreso lo stesso Asriel.

Uno dei pregi della poca longevità di Undertale è quanto sia naturale mantenere i contatti con i personaggi incontrati nel gioco; mentre si prosegue con la storia, il cast non fa che allargarsi, e nessuno viene lasciato indietro, nessuno viene dimenticato o lasciato perdere terminata la sua “utilità” narrativa. Quella che inizialmente dovrebbe essere solo una ricerca per l’uscita dal Sottosuolo, diventa un viaggio di scoperta, un viaggio ricco di amicizie e di ricordi. Così come per i MOTHER, la missione finale pian piano perde di importanza e significato, rispetto alla ricchezza in termini umani acquisita conoscendo eccentriche creature e vivendo tante nuove esperienze.
La fine perde così tanto di significato che il concetto di reset del salvataggio viene riconosciuto dal gioco stesso e interpretato come un continuo rivivere da parte di Frisk e dal giocatore di quel viaggio.
Ed infine, la famiglia. Una famiglia apparentemente perfetta come quella di re Asgore e la regina viene dilaniata e corrosa dal dolore, e le antiche ferite si ripercuotono nel presente di Frisk. Una tragedia familiare che colpisce non solo i diretti interessati, ma tutta la popolazione del Sottosuolo, che oltre ad affrontare la sofferenza di dover vivere rinchiusi in una gigantesca grotta condividono il dolore del lutto con i due regnanti. E così come il primo umano ha portato sofferenza e distruzione in quella famiglia, così Frisk pacifista la ricompone e la allarga: non è solo il giocatore ad affezionarsi ai bizzarri membri del cast, ma anche i personaggi si affezionano al piccolo umano, e proprio grazie alla sua interferenza con la quotidianità della vita dei mostri si riallacciano vecchi rapporti e nascono nuove amicizie e relazioni, dando l’impressione di far parte di una grande e variegata famiglia.

C’è un ultima cosa su cui vorrei comparare le due IP, un ultimo argomento. In MOTHER 2 e 3, contrapposto a delle figure infantili positive come Ness e Lucas, vi è un altro bambino, di tutt’altra indole: Porky Minch.
Se Ninten, Ness e Lucas (ma anche i loro compagni di viaggio più giovani) rappresentano le qualità positive dell’infanzia, Porky ne rappresenta la natura più cupa e caotica, ed assurge a emblema di crudeltà infantile. Tradisce Ness e si allea con Giygas perché vuole essere più ricco e figo del suo amichetto; quando, durante la battaglia finale, capisce che il vento non è più a suo favore, fugge nello spaziotempo; in MOTHER 3 crea un esercito, sperimenta su persone e animali, si fa adorare e venerare perché vede gli altri come giocattoli con cui non annoiarsi. Una vita di viaggi nel tempo lo ha reso un immortale che deve trovare modi sempre diversi e sempre più perversi per divertirsi, a costo di sottomettere la popolazione in un regime totalitario.

In Undertale la figura del bambino crudele viene spartita tra il primo umano e Flowey, in contrapposizione alle figure positive di Frisk e Asriel.
Flowey, come Porky, è una mente di bambino amorale in un corpo praticamente immortale, che grazie al potere del reset può continuare a giocare con i mostri del Sottosuolo e, soprattutto, con l’umano. Flowey non vuol uccidere Frisk perché lo odia, ma perché vuole costringerlo a giocare con lui per l’eternità. Flowey non vuole impossessarsi delle anime per un fine superiore, ma semplicemente per ampliare il suo parco giochi. E così come Porky, a modo suo, tiene a Ness, come si evince dalla “stanza dei giochi”, così Flowey tiene a Chara.
Quest’ultimo, d’altro canto, è un personaggio negativo totalmente diverso da Porky o Flowey, tanto da renderlo più simile a Giygas, l’incarnazione della disperazione e della distruzione: Chara non vuole giocare, bensì prova un rancore e un odio profondo verso l’umanità tutta, il cui disprezzo è così viscerale che si preserva anche dopo la morte, pur di riuscire a dstruggere tutto e tutti.

Undertale è solo l’ultimo di una serie sempre più corposa di titoli che fanno riferimento a MOTHER: prima di lui vi sono stati Yume Nikki, OFF, Hylics, LISA, Citizens of Earth, ma l’opera di Toby Fox è forse quella più nota, così nota che probabilmente ha surclassato in fama anche la sua stessa ispirazione. Undertale può però essere un veicolo per far conoscere ad un pubblico sempre più ampio la saga di MOTHER, uno dei prodotti più peculiari e narrativamente ricchi e completi che si siano mai visti nel panorama videoludico.