Come il tocco di un pennino cambiò per sempre il modo di videogiocare

9 min.
10.02.2020
A ruota libera


Fin dall’uscita delle prime console domestiche sul mercato, Nintendo si è sempre distinta per le eccellenti capacità di gestione del marketing, mostrando una particolare predisposizione all’arte del “saper vendere”. La maniera unica nel suo genere con cui commercializzava e pubblicizzava i propri prodotti è una delle ragioni che l’ha resa una delle più grandi multinazionali videoludiche di sempre, nonché il motivo per il quale tutt’oggi ci divertiamo ancora nel vedere video di vecchi spot pubblicitari firmati grande N (ve la ricordate la pubblicità giapponese di The Legend of Zelda: A Link to the Past per SNES?)

Nintendo non è però solo sinonimo di vendite, ma anche di innovazione. L’azienda giapponese si è sempre mostrata interessata a implementare le nuove tecnologiche all’interno delle proprie console. Questa voglia di sperimentare, che scaturisce dalla continua ricerca del fattore sorpresa che sappia suscitare il “wow” del pubblico, in alcuni casi ha portato alla creazione di prodotti immaturi e poco funzionali. Basti pensare all’impraticabilità del Virtual Boy e al Game Boy Micro vittima della mania di miniaturizzare dei primi anni 2000.

Touch! Generations
Il Virtual Boy ne aveva di strada da percorrere

Ma questo spirito intraprendente ha dato vita anche, e soprattutto, alle validissime console che hanno fatto la storia del videogaming e che si sono distinte nel mercato internazionale per la loro peculiare anima innovativa. Una di queste, il Nintendo DS, è stata la prima sul mercato a utilizzare la neo-tecnologia touch screen e ha dato il via a una longeva generazione di console portatili caratterizzate dalla sua implementazione e la presenza di due schermi. Novità, queste, che cambiarono per sempre il modo di videogiocare.

Doppio schermo, doppio divertimento

Nel 2005 esce in Europa la prima versione del Nintendo DS, un mattoncino in vari colori che riprendeva lo stile pieghevole del Game Boy Advance SP con tante fondamentali migliorie. Al di là dei tasti aggiuntivi, l’hardware al passo coi tempi e il microfono integrato, la novità che subito saltava all’occhio era la tecnologia touch che caratterizzava lo schermo inferiore dei ben due installati sulla console. Il touch screen veniva utilizzato tramite un apposito pennino, abbastanza piccolo da essere tenuto in mano in contemporanea con la console. Touch! GenerationA distanza di ormai 15 anni potrà sembrare una banalità, ma la possibilità di poter interagire su due livelli di gioco contemporaneamente rivoluzionò il modo di giocare dell’epoca. I giochi, ovviamente, avrebbero dovuto da quel momento essere programmati per adeguarsi alle funzionalità del doppio schermo. Questi, infatti, possono essere tramite un’estrema classificazione divisi in due categorie, che per semplicità chiameremo “Top focused” e “Bottom focused”.

“Top focused”

Nei “Top focused” la scena principale del gioco, e quindi l’attenzione del giocatore, si focalizza appunto sullo schermo superiore, dove il gioco viene controllato principalmente tramite pulsantiera. In questi titoli lo schermo inferiore assume un ruolo secondario di norma adibito ai menu, in certi casi a mappe e altri oggetti di gioco, e in pochissimi casi solamente a scopo illustrativo. Alcuni titoli come i vari della serie Pokémon, New Super Mario Bros., Mario Kart ne sono degli esempi perfetti.

Touch! Generation
Mario Kart DS – New Super Mario Bros. – Pokémon Platino

Giocandoli, ci si accorge subito che il metodo di approccio alla console non si differenzia molto da quello esperito nelle precedenti  generazioni, dove l’azione veniva programmata principalmente tramite i tasti.

“Bottom focused”

Il discorso si ribalta completamente nei “Bottom Focused”, dove l’azione si concentra quasi del tutto sul touch screen. In questi giochi i comandi principali sono lasciati (se non del tutto almeno in gran parte) al tocco e al movimento di pennino del giocatore. La possibilità di poter interagire in prima persona sulla scena di gioco, e non in modo indiretto tramite pulsantiera, dava e dà tuttora un maggiore senso di controllo e una precisione paragonabile a quella del puntatore mouse di un computer, ma più veloce, più intuitiva e, soprattutto, più vera.

Un esempio è la serie di Professor Layton, che lascia al giocatore la sensazione di poter esplorare minuziosamente gli scenari proposti e di risolvere enigmi tramite un tocco su schermo, spostando pezzi di puzzle, creando linee, contorni e addirittura scrivendo.

Touch! Generation
Picross 3D – Professor Layton – WarioWare: Touched!

Wario Ware: Touched! fu il titolo che più di tutti mise in luce la novità del touch screen spingendo al massimo le potenzialità del nuovo sistema di controllo, con un gioco frenetico e divertente che si svolge quasi unicamente nello schermo inferiore. Senza questa tecnologia non avremmo potuto avere titoli come Rhythm Paradise, con i suoi ritmi incalzanti, o Brain Training del Dr. Kawashima che addirittura richiedeva al giocatore di mantenere in verticale la console, come fosse un quaderno di scuola su cui scrivere. E la lista non si ferma di certo qua.

“Touch! Generations”…il logo parla chiaro

Ovviamente questa categorizzazione così grossolana serve solo a dimostrare come l’innovativo touch screen avesse rivoluzionato interamente il concetto di gaming portatile dal 2004 in poi. Ma non solo, durante la neo-nata epoca del Nintendo DS la stessa azienda è riuscita a regalare al pubblico un parco titoli che al contempo fondesse l’innovativa generazione touch con la sempreverde configurazione di tasti del mondo portatile. Parte di questa grande mole di giochi venne prodotta sotto il brand di “Touch! Generations”, creato da Nintendo allo scopo di rimarcare l’enorme differenza che il salto generazionale proponeva. Una grande mossa che ha permesso ai giocatori di poter sfruttare al massimo le novità della console senza brancolare nel buio del nuovo e dell’ignoto.

“Touch! Generations”…e non solo

Al di là di qualsiasi upgrade hardware o software, ciò che ha reso così longeva la vita delle console doppio schermo di Nintendo è l’enorme e variegato parco titoli rilasciato durante i loro numerosi anni di vita. La rampa di lancio verso il grande successo fu proprio “Touch! Generations”, una serie di titoli creati ad hoc per stuzzicare l’interesse e risultare fruibili a un pubblico estremamente più vasto. Non fu un caso infatti che Nintendo DS venne venduto al lancio insieme a Nintendogs, titolo appartenente a questo brand e che fece da “benvenuto” a quella fetta di pubblico che mai si sarebbe immaginata con una console portatile tra le mani. Ma i cagnolini non furono gli unici a suscitare l’interesse di tutte le “generations“.

Touch! Generation
A cagnolin donato…

Ogni volta, che sia un articolo o una recensione, mi ritrovo a parlare di Animal Crossing, in particolare questa volta di Wild World. Uscito in Europa nel 2006, è stato uno dei giochi “Touch! Generations” più venduti e il titolo che ha reso la serie famosa in tutto il mondo. Questo gioco simboleggia l’anima del passaggio da Game Boy a DS: con il suo gameplay gestionale e la sua atmosfera rilassata, Animal Crossing: Wild World era un toccasana tanto per il pubblico maschile che per quello femminile. Il brand creato da Nintendo voleva infatti eliminare completamente il focus sul giovane pubblico maschile, in favore di un target più vasto e senza influenze di genere. Questo cambiamento, se da un lato era iniziato già durante la generazione “Advance” con l’uscita di alcuni titoli chiaramente predisposti per un pubblico femminile,  con l’implementazione del touch screen raggiunse il suo apice.

Touch! Generations
Se non lo cito in ogni articolo non mi sento bene

La tecnologia touch ha infatti reso accessibile a chiunque la nuova console portatile, proponendo un controllo di gioco molto più semplice e intuitivo rispetto a quello tramite pulsantiera. Brain Training: del Dr. Kawashima non ha solo regalato al mondo il più simpatico professore testone poligonale che si fosse mai visto: la funzionalità “carta e penna” del touch screen ha permesso di creare, scrivere e disegnare sulla console stessa come fosse un foglio di carta. Scrivere quel numero “6” come risultato di una somma o sottrazione e vederlo riconosciuto dalla console come risposta corretta era una novità incredibile. Più intuitivo di così… Touch! Generations aveva infatti come obiettivo quello di rispondere agli interessi di tutta la famiglia e i giochi puzzle ed enigmistici risultavano perfetti per tutte le età. Picross 3D, ad esempio, ebbe un enorme successo proprio come il Dr. Kawashima e avvicinò quella grossa fetta di pubblico a cui il mondo videoludico era sconosciuto.

Touch! Generations
Allenate anche voi il vostro “basic brainpower”!

Ma “Touch! Generations” non fu l’unica ragione del successo di Nintendo DS. Tanti altri titoli hanno dato valore in maniera indipendente alle novità della nuova generazione portatile. Abbiamo già in parte discusso di come WarioWare: Touched! abbia più di tutti posto i riflettori sulla nuovissima feature touch del Nintendo DS, spingendo al massimo le potenzialità di quest’ultima. Al titolo in questione non va però quest’unico merito. Le fasi di gioco frenetiche e di breve durata, caratteristiche di WarioWare, hanno messo in luce anche le potenzialità portatili di questo nuovo modo di giocare, dimostrando come il gioco tramite pennino potesse essere fruibile in qualsiasi momento e in ogni dove senza mai risultare scomodo o goffo, cosa da non dare per scontata se si pensa al caso Wii U, ma ne parleremo più avanti.

Touch! Generations
Attenzione: la qualità degli sprite può variare in base alle vostre abilità artistiche

Se da un lato Art Academy di “Touch! Generations” proponeva una piattaforma divertente dove sbizzarrirsi con le proprie abilità nel disegno, anche altri giochi sfruttarono le nuove capacità della console prendendo questa direzione. Drawn to Life, gioco platform sviluppato dalla casa 5th Cell, rappresentava l’apoteosi di questo concetto, permettendo al giocatore di disegnare il suo stesso personaggio, gli oggetti di gioco, in certi casi anche i nemici. In questo modo il gioco diventava quasi interamente personalizzabile, permettendo al giocatore non solo di, appunto, giocare, ma anche di disegnare interamente la propria storia.

Tre schermi? No, tre dimensioni!

L’incredibile successo del doppio schermo segnò lo sviluppo delle successive console portatili di Nintendo, che per un’intera decade hanno assunto funzioni e fisionomie non tanto differenti dal primo prototipo di DS. Persino nel 2011, quando Nintendo propose infine un cambio di generazione rilasciando il nuovissimo Nintendo 3DS, l’influenza del primo doppio schermo si faceva ancora sentire.

Anche questa volta la grande N promise di fare le cose in grande, rilasciando una console portatile capace di supportare la (a quei tempi gettonatissima) tecnologia 3D, addirittura senza l’utilizzo di componenti esterne come i classici occhialini rosso/blu. La console presentava  un menu di sistema tutto nuovo, non solo completamente personalizzabile, ma anche pieno di applicazioni e “canali” ricchi di attività da svolgere. Inoltre, tutte le componenti che avevano reso grandi gli ultimi modelli del Nintendo DS venivano ripresentate sotto nuova luce: le fotocamere, il microfono, la ricezione Wi-Fi migliorata (cosa non da poco) e ovviamente un hardware più potente capace di poter sostenere la nuova generazione di titoli in arrivo. Ma il prezzo spropositato della console costrinse Nintendo, poco tempo dopo, a fare un passo indietro, diminuendo il costo in tutto il mondo e “risarcendo” i già fortunati possessori della console tramite una serie di giochi in regalo, scaricabili tramite il programma Nintedo 3DS Ambassador.Touch! Generations

Nonostante qualche passo falso nel cambio generazionale, Nintendo sembrava comunque ben decisa a riutilizzare la forma classica delle vecchie console, mantenendo lo stile pieghevole e il doppio schermo. E come darle torto. Per quanto la nuovissima tecnologia 3D facesse gola alla concorrenza, ci si rese subito conto dei suoi limiti. Una visione ottimale in tre dimensioni richiedeva uno sforzo di messa a fuoco poco naturale e uno specifico angolo visivo, che a lungo andare dava problemi agli occhi e alla postura del giocatore, sopratutto dei più giovani. Questo “piccolo” difetto non passò inosservato, tanto che Nintendo poco tempo dopo decise di rilasciare una versione più economica del 3DS senza, appunto, la funzionalità 3D: il Nintendo 2DS.

Touch! Generations
Un paio di informazioni sulla nuova tecnologia 3D di Nintendo 3DS

Insomma, avevamo tra le mani un DS 2.0 a tutti gli effetti, che a parte per le migliori prestazioni e un software più curato, non poteva essere paragonato al salto di qualità ottenuto con la generazione precedente nel 2004. Ancora una volta erano i due schermi e la tecnologia touch a farle da padrone, anche in questa ottava generazione, e Nintendo 3DS cavalcò abbastanza bene l’onda del successo del primo doppio schermo da aggiudicarsi un posto in prima fila tra le generazioni d’oro delle console portatili.

Un grande GamePad nero

Inutile ormai rimarcare quanto questa nuova tecnologia fosse importante e avesse riscontrato un enorme successo tra un pubblico di tutte le età e di tutti i generi. Così tanto che questa novità non si limitò ad essere un must per le console portatili, ma fu implementata per la prima volta su una console domestica, con l’uscita del Wii U nel 2012. Il grosso GamePad con schermo touch che caratterizzava la console permetteva di interagire con il gioco sia tramite pulsantiera che con un pennino apposito. Nonostante le buone premesse, un GamePad piuttosto comodo e leggero che permetteva addirittura di giocare lontani dal televisore e un hardware migliorato, una delle critiche mosse a posteriori alla nuova console fu la sentita mancanza di un parco titoli valido e numeroso. Touch! GenerationsEra chiaro che non bastasse l’implementazione del touch a fare di Wii U un successo, bisognava che la novità di un controller/tavoletta grafica fosse supportata da giochi capaci di risaltarne le funzionalità. Fu qui che la mancanza di una “Touch! Generations” si fece sentire. Come se non bastasse, l’idea di un doppio schermo sembrava funzionare più per il portatile che per l’uso domestico, dato che, nel secondo caso, schermo del Pad e schermo TV non sembravano andare molto d’accordo per una questione di distanza visiva. Inoltre, per quanto il primo fosse piuttosto leggero, le dimensioni eccessive rispetto alla portatile davano un senso di scomodità e di goffaggine non indifferente.

Insomma, questa digressione non va interpretata come un’analisi dei difetti del Wii U, quanto piuttosto come argomento a favore dell’idea che sono i giochi a dare valore alla console. Fu infine con l’uscita di Nintendo Switch, una console appunto ibrida, che si misero bene in chiaro le idee e alla tecnologia touch toccò un ruolo estremamente secondario.

Conclusioni

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Touch! Generations
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