The Darkside Detective: A Fumble in the Dark – RECENSIONE

6 min.
23.04.2021
Recensione


Sono passati tre anni, e strani eventi continuano a succedere a Twin Lakes, la 34ª città più infestata degli Stati Uniti. Il detective Francis McQueen e l’agente Patrick Dooley sono ancora una volta gli unici in grado di mettervi fine, in The Darkside Detective: A Fumble in the Dark. E anche il puntatore.

The Darkside Detective: A Fumble in the Dark, uscito questo 15 aprile su ogni piattaforma possibile immaginabile, è la raccolta della fantomatica “Stagione 2” di The Darkside Detective.

Recensire questo sequel mi porta indietro nel tempo, visto che The Darkside Detective 1 è una delle prime cose che ho recensito per Nintendoomed. Ancora non avevo un mio Nintendo Switch e dovevo barboneggiare quello di amici. Poi se non erro mi sono procurato uno Switch e proprio grazie a questo gioco ho scoperto che i Joy-Con non funzionavano bene ed è partita la mia odissea con l’assistenza… ma questa è un’altra storia.

Nella recensione della prima “stagione” di The Darkside Detective avevo lodato lo charme e l’umorismo del gioco, ma sentito la mancanza di una storia-cornice che legasse insieme tutti i casi alla Ace Attorney e desse un senso di chiusura al finale. Il sequel avrà risolto questi problemi?

Dov’eravamo rimasti?

La storia inizia in un punto molto triste per il detective McQueen: la commissaria Scully ha chiuso la Darkside Division, in cui lavoravano lui e Dooley, e come se non bastasse il suo vecchio amico è sparito nel Darkside, la realtà parallela popolata da mostri e demoni di ogni tipo, ormai da un anno. Sinceramente non ricordavo che il primo gioco fosse finito con Dooley intrappolato nell’altra dimensione, ciò mi rende un fake fan? No, semplicemente sono passati tre anni e i cervelli umani funzionano così.

Il primo caso, quindi, si incentra tutto sul riportare a casa il vecchio Dooley, e a fare da partner per McQueen sarà la giovane Raxa, personaggio già apparso nel primo capitolo e uno dei più memorabili. Il primo della seconda stagione è anche uno dei casi più complessi, sorprendentemente, non per la dimensione della mappa ma per il fatto che dovremo viaggiare tra diversi punti della città, come spesso accade nelle avventure grafiche. Mi sembrava un’evoluzione naturale per la serie, ma stranamente solo il primo caso funziona così: gli altri sono nuovamente tutti in un’unica ambientazione ciascuno. In ogni caso, non è uno spoiler, Dooley viene tratto in salvo e i cinque casi successivi sono più tradizionali.

Parliamo un po’ del nostro amabile tontolone Patrick Dooley. Non arriverei a dire che è lui il protagonista di questa seconda stagione, ma di certo il suo personaggio è esplorato di più, e la tenue linea narrativa tra i casi gira intorno al suo anno trascorso nel Darkside. In linea di massima, The Darkside Detective: A Fumble in the Dark esplora il rapporto tra McQueen e Dooley, e il perché, anche se sono così diversi, si vogliono bene.

Dal punto di vista della sceneggiatura, ho notato che hanno decisamente diminuito la parte “complottista” di Dooley (senza eliminarla del tutto, ci sono ancora alcuni riferimenti al suo sito dooluminati.com, che finirebbe sulla lista nera di qualsiasi debunker a tempo di record), e si sono concentrati molto di più sul suo essere più in forma e fisicamente forte di McQueen. Capitano spesso momenti in cui il nostro detective non riesce a fare qualcosa e deve rivolgersi al suo prestante amico.

Ho un po’ di teorie (haha, capita, complotti, teorie) sul perché di questa scelta. Magari smorzando le fantasie di complotto volevano renderlo più amabile dal pubblico, o forse dopo quattro anni di un determinato presidente e dei suoi sostenitori che usavano fantasie di questo tipo per giustificare ogni genere di atrocità (commessa o meno), hanno pensato che non ci fosse così tanto da ridere.

In ogni caso, mi piace la nuova versione di Dooley, lo rende certamente più utile ai casi, ma forse ha l’effetto collaterale di cadere nello stereotipo “tutto muscoli e niente cervello”; magari non offensivo ma sicuramente superato. Vabbè, son dettagli, non saprei veramente come altro avrebbero potuto fare. Ah, ed esploriamo anche un po’ del passato del nostro amico, come nel caso in cui si visita il castello della sua famiglia in Irlanda. Gli sviluppatori sono irlandesi, quindi è l’occasione perfetta per un po’ di umorismo culturale.

Rubato camion di lampadine, la polizia brancola nel buio

Parlando dell’umorismo di questo gioco… non so davvero come dirlo, ma l’ho trovato leggermente inferiore al suo predecessore. Non perché ci siano meno battute o riferimenti meno raffinati, ma ho trovato le gag un po’ ripetitive. Certo, con animazione limitata e senza doppiaggio dovevano per forza di cose concentrare tutto sulla scrittura, ma le gag sulla gente che prende alla lettera i modi di dire, o che spiega le battute per poi dire che spiegare le battute non fa ridere… come dicono gli inglesi it gets old. Per non parlare delle battute sull’avere animazione limitata e niente doppiaggio.

Ho anche notato una quantità più alta di battute “di bassa lega” come riferimenti alle puzzette o doppi sensi vari. Sia chiaro, siamo miglia al di sopra del più pudico dei cinepanettoni o della pellicola più matura del catalogo Illumination, e nel suo complesso il gioco rimane molto, molto divertente, ma ecco, una limatina alle battute ripetute potrebbe fare tanto. Per fare un altro esempio, in uno dei casi c’è una gag ricorrente della quale si può vedere la punchline a distanza di 27,5 km. Avrebbero potuto sorprendere il pubblico rinunciandovi e optando per approfondire di più alcuni personaggi, invece hanno scelto la via più prevedibile per strappare una risata. Certo, è divertente, ma sembra un’opportunità sprecata.

Il gioco è disponibile in inglese, francese, tedesco e spagnolo, ma niente italiano purtroppo. Se state leggendo, Spooky Doorway, chiamatemi, sono disponibile come traduttore! Nah, tranquilli, posso scaricare questo sito di sfigati quando voglio. … Ecco, questo è il tipo di umorismo che troverete in The Darkside Detective: A Fumble in the Dark. Se non fa per voi, difficilmente vi affezionerete al gioco come ho fatto io.

Il gameplay… be’ non c’è molto da dire, è un’avventura punta e clicca piuttosto standard. Il puntatore si manovra con le due levette, come nel primo gioco (levetta sinistra = veloce, levetta destra = lento, entrambe = ancora più veloce). Se non state giocando in modalità portatile, dove si fa tutto con il touch screen, può essere un po’ scomodo dover per forza trascinare gli oggetti per farli interagire con altri. Gli enigmi e l’uso degli oggetti non sono troppo complicati, solitamente ognuno viene usato una sola volta e poi sparisce; come ogni avventura grafica ci sono i momenti in cui ci si blocca senza sapere cosa fare, c’è il comando per evidenziare gli oggetti interagibili che io puntualmente scopro solo a metà gioco (le frecce direzionali a sinistra e a destra, in questo caso) e tutto il resto.

Ci sono ancora i minigiochi per scoprire certi indizi. Questo è uno dei primi ma ancora non sono sicuro di aver capito come l’ho risolto.

Come menzionato, i casi sono sei, ma non sono troppo lunghi o complessi, più o meno si risolvono in un paio d’ore ciascuno. Anzi, tornando alla trama, mi è sembrato che rispetto al primo capitolo, questo trascorresse relativamente poco tempo nel Darkside vero e proprio. Solo un caso ha una parte significativa ambientata nella dimensione parallela, e i due alter-ego Ghouley e McScream sono praticamente delle comparse.

Nel primo gioco avevo anche criticato la poca musica, problema che qui è risolto alla grande: i temi sono semplici ma efficaci nel dare quella vena sci-fi horror anni ’80 che piace a tutti. C’è anche una canzone circa cantata… be’, più karaoke che altro, ma rimane un bel momento.

Può sembrare che io sia stato severo con questo videogioco, ma è solo perché voglio tanto bene a questa serie e voglio vederla al massimo della forma. Il gioco mi è piaciuto molto e rimane un titolo consigliato a tutti i fan delle avventure grafiche e dell’umorismo all’anglosassone.

Alla fine, l’idea di chiamare i vari giochi “stagioni”, come se fosse una serie TV, può sembrare strana ma ha molto senso. Sono raccolte di casi diversi fra loro, con una tenue trama a legare il tutto. La trama di fondo qui è sicuramente più forte che nel primo capitolo, e con questo universo e questi personaggi c’è il potenziale di raccontare una storia importante con qualcosa da dire.

Non dico che tutto dev’essere profondo e avere uno scopo sociale più alto, ma un momento sincero infilato a tradimento in un gioco con un artstyle semplice e comico non guasta mai. Se c’è riuscito Larry Laffer, perdiana, ci possono riuscire anche McQueen e Dooley. Il gioco si conclude con un teaser per un terzo capitolo, e spero che in quello i nostri amici di Spooky Doorway facciano un passo in più per portare questa serie alla grandezza. Magari a spese di un paio di gag, ma con un risultato decisamente superiore.

Spero anche che questa non sia una gufata come quelle che ho fatto nelle recensioni dei remake di Mario & Luigi. Ahem.

GROUCHO/10

Un ottimo punta e clicca umoristico a cui è facile affezionarsi, perfetto per i fan (ironici o meno) dell’occulto, a cui avrebbe fatto bene prendersi, di tanto in tanto, un pochino più sul serio.