Ed eccoci qua. Dopo tante sorprese, tante discussioni e tanto sangue versato, Starlink: Battle for Atlas, il nuovo gioco fantascientifico di Ubisoft (la divisione di Toronto, per la precisione), è disponibile dal 16 ottobre su PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch, ma solo quest’ultima versione può vantare un ospite specialissimo.
Starlink: Battle for Atlas è un gioco che continua a sorprendermi. Ma tipo, anche prima di giocarci. Vedendo le prime immagini ho detto “bah, un toys-to-life spaziale con Fox appiccicato sopra, mah”. Dopo, l’ho provato al post E3 di Milano lo scorso luglio, e ho detto “ah dai, carino, chissà”. E insomma, hanno dovuto letteralmente venirmelo a portare a casa perché mi convincessi a dargli una chance. Quindi, è Fortnite nello spazio profondo, o Ubisoft sa fare giochi di Star Fox meglio di Nintendo? Scopriamolo insieme.
Cast & crew
Innanzitutto, il gioco di cosa parla? Starlink è un’organizzazione di ricerca interstellare che opera nel sistema di Atlas, situato nelle Pleiadi. Alla loro guida c’è Victor St. Grand, uno scienziato molto rinomato, nonché figura paterna di buona parte dei membri dell’equipaggio. Questa varia umanità ha come scopo ricercare l’origine di una creatura aliena scoperta da St. Grand, un tale Judge, sorta di Dottor Manhattan dei poveri composto da una mente alveare all’interno di una tuta. Se non fosse che durante la missione St. Grand viene rapito da un certo Grax, un invasato convinto di fare il volere dei Guardiani, la misteriosa civiltà aliena che tempo addietro aveva colonizzato gli otto pianeti di Atlas, ma della quale ormai rimangono solo un mucchio di rovine.
A mettere loro i bastoni tra le ruote abbiamo la Legione, dei soldati che un tempo servivano i Guardiani ma ora si sono risvegliati e hanno razziato tutti i pianeti per qualche motivo, e i Predoni, dei filibustieri che approfittano della situazione per fare i loro comodi e depredare gli antichi insediamenti.
Nel corso della storia il giocatore verrà a scoprire tutta questa pappardella di informazioni, insieme alle origini dei membri dell’equipaggio. Questi sono:
- Mason Rana, discendente di un noto magnate della pasta ripiena e idolatra di St. Grand.
- Chase da Silva, un’ex corridora delle favelas brasiliane, dotata di un’acconciatura che ricorda il ramen.
- Hunter Hakka, proviene dall’esercito ed è buddhista. Non c’è molto altro da dire su di lui.
- Judge, il già menzionato alieno che fa partire tutta la vicenda, non è solo un motore immobile ma anche un pilota.
- Shaid, una tizia ambigua, mezza alleata con i Predoni, mezza no, che ama muoversi nell’ombra.
- Razor Lemay, una rockettara che dà l’impressione di apprezzare le ostriche più delle lumache (se capite l’antifona). Preferisce seguire l’azione dalla nave madre (chiamata Equinox), ma ciò non le impedisce di scendere in campo.
- Levi McCray, ragazzino senza cervello tipo Jake Paul, che fa selfie e hashtag e dà fastidio a tutti. Però in fondo ha un che di adorabile, dai. Almeno non filma gente impiccata.
- Kharl Zeon, alieno non dissimile da Wrex di Mass Effect, scienziato esperto dei Guardiani.
- Eli Arborwood, un’altra creatura aliena che ha lavorato praticamente su tutti i pianeti di Atlas prima del risveglio della Legione e conosce un sacco di aneddoti sui vari mondi.
Ah, e poi I guess c’è anche una certa volpe… ma di lui parliamo più avanti.
Due lati della Luna
In Starlink c’è un universo da esplorare. O quasi, insomma. Si tratta solo di otto pianeti, non 18 quintillioni, eppure non fa schifo, come mai? Per spiegare al meglio come funziona il gameplay di questo gioco, è il caso che vi descriva la mia esperienza, senza fare spoiler obviously.
Il gioco inizia e tu sei lì che esplori il primo paio di pianeti, facendo semplici missioni e di tanto in tanto combattendo dei nemici. I boss di questa prima parte sono gli Estrattori, che non sono dei macchinari per fare le spremute, ma delle specie di torri che estraggono dal sottosuolo del pianeta i due minerali preziosi presenti nel gioco: l’Electrum, che fa da valuta, e il Nova, una fonte di energia/MacGuffin più rara ma altrettanto necessaria.
I due tipi di strutture che si incontrano sui pianeti sono gli Osservatori e le Raffinerie: i primi mappano la superficie del mondo segnando i luoghi d’interesse, le seconde consegnano periodicamente Electrum al giocatore. Ovviamente, prima di poter usufruire dei benefici di queste strutture occorrerà volgerle alla nostra causa facendo per loro una piccola sidequest selezionata casualmente ogni volta. Poi, in giro per i pianeti si troveranno sovente delle Rovine, cioè dei resti di antichi insediamenti (per quelli interessati alla lore, il gioco li definisce “vecchi di un secolo”), spesso contenenti tesori vari e qualche nemico che vaga. Dopo averli sconfitti, sul villaggio appariranno delle bandiere arancioni con il simbolo di Starlink e la zona si popolerà, come per gli Osservatori e le Raffinerie, di piccole astronavi nostre alleate. E uno lì pensa ok, ho ripulito il villaggio e i buoni se lo sono ripreso, è una cosa carina. Fin qui ero pronto a descrivere il gioco come “No Man’s Sky misto a Horizon: Zero Dawn misto a Fortnite” (quest’ultima per i design dei personaggi hehe).
Partono plotoni di uomini di uomini
Ma! Verso metà gioco succede una cosa che fa cambiare radicalmente volto a tutta la faccenda: si scopre che gli Estrattori servono a dare potenza a delle mostruose e antiche creature chiamate Prime, che a loro volta provengono da e danno forza a una nave nemica in orbita tra due o più pianeti, chiamata Dreadnought. Si formano quindi tre livelli diversi di boss: si sconfiggono gli estrattori per indebolire il Prime di un pianeta, che a sua volta serve sconfiggere per poter indebolire il Dreadnought e rimuovere la Legione dai pianeti su cui ha influenza. Per farlo diventa indispensabile essersi fatti tanti alleati su un pianeta, in particolare selezionando avamposti in posizioni strategiche, perché, soprattutto nelle parti più avanzate, vincere contro un Estrattore o un Prime è impossibile senza una caterva di navicelle arancioni che fanno fuoco di copertura. E poi, la soddisfazione di atterrare su un mondo completamente corrotto e vederlo ripulito pezzo dopo pezzo, vuoi mettere?

A questo punto si aggiungono tre tipi di avamposti che possiamo farci amici: i Laboratori, che creano Mod (componenti, ne parleremo più avanti) per le nostre navi, Armerie, che formano la prima linea di difesa contro la Legione e… un’altra che però non vi dico. Abbiamo anche la possibilità di costruire dal nulla nuovi avamposti in determinati luoghi o di riconvertire quelli già esistenti in un altro tipo, ad esempio un Osservatorio in Armeria.
Ne consegue che in Starlink non si è mai veramente a corto di cose da fare, perché si è costretti a esplorare più luoghi possibili, anche senza andar dietro al 100%.
Up your arsenal
Insomma, in un gioco che ha fatto un sacco di pubblicità alle armi e le componenti intercambiabili, come funziona questa meccanica? In sostanza, alcuni piloti hanno una propria nave, composta da scocca e ali, ma sono completamente intercambiabili. In qualsiasi momento, dal menu di pausa, è possibile scambiare i pezzi del veicolo per modificare le statistiche e adattarla alle nostre esigenze. Ci sono anche diversi tipi di armi da applicare alle navi, senza le quali siamo inoffensivi (tranne l’Arwing che può sparare direttamente dalle ali), con quattro elementi: fuoco, ghiaccio, stasi e gravità. I primi due si spiegano da soli, la stasi immobilizza temporaneamente i nemici colpiti e la gravità attira i corpi verso il luogo dell’impatto del proiettile. Questi elementi possono essere usati anche dai nemici e hanno la particolarità di essere “mutualmente superefficaci a coppie”, ovvero fuoco e ghiaccio si distruggono a vicenda, e così gravità e stasi.
Cambiare pilota influenza solo la mossa speciale, che si ricarica col tempo e può essere usata premendo L. Ho finito per utilizzare primariamente Razor e Fox, essendo le loro abilità le più utili.

Ora, sebbene io sia enormemente grato a Ubisoft per avermi voluto spedire un paccone contenente anche una delle navi giocattolo con supporto e pilota (mi è toccata Razor con la sua nave Cerberus!) devo dire che ho trovato la faccenda dei giocattoli abbastanza macchinosa e inutile. Ho provato un paio di volte a giocare con l’ambaradan portamodellino, ma è scomodo per vari motivi: intanto, sebbene sia possibile in teoria staccare e attaccare componenti senza interrompere il gameplay, gli incastri sono troppo duri perché la manovra sia agevole; in secondo luogo, quando si usa l’accrocchio portamodellino, è possibile utilizzare solo componenti e armi di cui si ha il giocattolo. Quindi sì, potrà essere divertente per dei bambini che si incontrano per giocare insieme con due navi diverse e scambiarsi i pezzi, ma di fatto con un solo pack (che già costa) si fa ben poco. Non so, forse pensavano che il gioco non avesse abbastanza identità senza il gimmick dei toys-to-life? Per me avrebbe funzionato benissimo anche senza, ma si vede che non ero l’unico a riporre poca fiducia nel progetto.
Va anche notato che solo acquistando il gioco in forma digitale si avranno tutti i piloti e le navi e le armi da subito, mentre la scatola fisica è limitata agli accessori in essa contenuti. In sostanza, nella versione fisica, si paga di più per avere meno. Bah.
Infine, tornando alle Mod, sono delle specie di “badge” da applicare a navi e armi per aumentare le loro statistiche. Ce ne sono tantissime con vari effetti e potenze, e aggiungono un pizzico di strategia in più.
Star Fox: Battle for Lylat
Ma è il momento di spendere due parole sul motivo per cui tutti i Nintendini sono rimasti a leggere questo articolo: il crossover con Star Fox. Premetto che (bestemmia in arrivo) non ho mai giocato a uno Star Fox, quindi non so in che modo confrontare questo agli altri giochi della volpe con le gambe mutilate ma anche no.

L’incontro tra i nostri amici umani e gli animali di Star Fox avviene quasi per caso: la squadriglia di Fox, Falco, Peppy e Slippy arriva su Atlas all’inseguimento di Wolf e i due plotoni incrociano le strade letteralmente subito. Giuro, dopo neanche due minuti di gioco, Peppy aveva già droppato il “Fai un avvitamento!”.
Dall’unione delle due squadre nasce il poter utilizzare Fox come pilota per tutta la durata del gioco e la presenza della missione secondaria volta a rintracciare Wolf, facendo un po’ di avanti indietro per i pianeti.
Insomma, da un lato mi fa piacere poter controllare Fox (il selling point principale della versione Switch) da subito, dall’altro penso che la sua missione sia stata strutturata, e forse avrebbe funzionato meglio, come un extra post-game o un DLC. Non che io sia un fan del mettere cose dietro un paywall, ma la natura “vai qui, no ora vai lì” della sidequest mi sapeva molto di DLC. Forse è meglio così, però, hai più tempo di esplorare senza esaurire tutto lo scopo del crossover in poche ore.
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Comunque, voglio rassicurarvi di una cosa: il gioco è doppiato in italiano e Fox ha ancora la voce di Renato Novara e Wolf ancora quella del detective Goro.
Per concludere, Starlink: Battle for Atlas è un gioco pieno di sorprese, che dietro la sua facciata di gioco gimmick nasconde una profondità inaspettata. Lo consiglio a tutti i fan degli open world stile “faccio questa missione ancora e poi spengo”, e vi prego di essere più fiduciosi di come ero io all’inizio e di chi ha deciso di rendere questo progetto un toys-to-life. Il mio consiglio, liberate quei 20 e rotti GB nello Switch, pigliatevi il gioco in digitale e lasciate perdere le navicelle. A meno che non dobbiate fare un regalo a un bambino di 8 anni. Ma state attenti alle piccole parti che potrebbero essere ingerite o inalate.
BARREL ROLL/10
- Gioco di una profondità e componente strategica sorprendenti.
- Gameplay che crea dipendenza, non si è mai a corto di cose da fare.
- I pianeti, anche se simili tra loro, sono uno spettacolo per gli occhi.
- Gimmick toys-to-life pressoché inutile.
- La versione fisica costa di più e contiene meno roba.