Ebbene siamo qui, l’E3 è passato senza Pikmin 4 (ma con quello che hanno annunciato, chi si lamenta?) e alla fine di questo mese uscirà il nuovo capitolo/spin-off Hey! Pikmin, e quindi ho pensato che sarebbe una buona idea ripercorrere la storia di questa serie Nintendo, forse una delle IP più “di nicchia”.
Cominciamo con un ripasso della nascita della serie, che non fa mai male. Con l’appropinquarsi del nuovo millennio, dopo una console a 64 bit (non serve che dica quale, vero?) che, nonostante il grande successo, non diede vita a nessuna nuova IP (se non consideriamo Super Smash Bros.), Nintendo iniziava a guardarsi in giro alla ricerca di nuove tecnologie.

Come già tutti saprete, alla manifestazione SpaceWorld del 2000, al pubblico venne presentata una bizzarra demo chiamata Mario 128 (o Super Mario 128), in cui 128 piccoli Mario si muovevano contemporaneamente sullo schermo scomponendo una grossa figura di Mario 8 bit. La demo aveva come scopo il dimostrare le grandi capacità dell’intelligenza artificiale della nuova console basata su mini DVD, il Nintendo GameCube, in grado di governare numerosi personaggi in maniera indipendente. Nell’era di Internet si è acceso un dibattito tra i fan, riguardo se Mario 128 fosse solo una tech demo creata per l’occasione oppure un vero prototipo di un futuro Mario. In un’intervista rilasciata a una rivista brasiliana poco dopo l’uscita di Pikmin, Shigeru Miyamoto confermò che Mario 128 era davvero parte di una serie di progetti mirati a dare un sequel a Super Mario 64. La serie dell’idraulico baffuto poi andò in altre direzioni con Super Mario Sunshine, e l’idea delle IA multiple venne utilizzata in altri modi.
Come raccontato da Miyamoto e gli altri sviluppatori, il primo passo nella direzione “Pikmin” fu un’idea denominata Adam and Eve, in cui il giocatore osservava una coppia di ominidi che tentavano di sopravvivere in una natura ostile, eventualmente costruendo una casa e riproducendosi per formare una vera e propria civiltà. A quanto pare, l’idea fu scartata perché giudicata troppo “passiva” da parte del giocatore, ma a questa fase dello sviluppo risale la creazione del Coleto, allora pensato come occupante una posizione elevata nella catena alimentare.
Tutti questi prototipi si evolsero in un gioco di un genere fino ad allora inesplorato da Nintendo: lo strategico in tempo reale. L’idea di base è ancora il cercare di sopravvivere a una natura ostile e ad animali molto più grandi di noi, ma con dentro un pizzico di giardinaggio e di entomologia.
Il primo gioco della serie, Pikmin, è uscito su GameCube nel 2002, tanto per confermare la reputazione del Cubo come “console delle novità”, si pensi a Super Mario Sunshine, The Legend of Zelda: The Wind Waker, i Metroid Prime e molti altri. Il gioco poi venne portato su Wii nel 2009 come parte della serie New Play Control (e sì, è in quest’ultima veste che ci ho giocato io, non lapidatemi).
Le cose non vanno troppo bene, sembrerebbe.
Pikmin inizia con il capitano Olimar a bordo della sua fidata nave Dolphin (si capisce che questo gioco è nato praticamente in contemporanea col GameCube, sì?) che si schianta su un misterioso pianeta disabitato. L’atmosfera di questo mondo è ricca di ossigeno, quindi Olimar deve proteggere le sue vie respiratorie portando costantemente un casco. La nave è completamente distrutta, e i pezzi sono sparsi per il pianeta, Olimar sembra spacciato… ma presto scopre delle piccole creature rosse nasute, con una foglia in testa. Gli ricordano le carote Pikpik del suo pianeta natale, Hocotate, e li battezza subito “Pikmin“. I Pikmin sono piccoli e deboli, al fondo più fondo della catena alimentare, ma Olimar scopre che, se coordinati nel modo giusto, possono collaborare, riprodursi e diventare una vera e propria forza della natura, in grado di trasportare oggetti pesantissimi e sconfiggere predatori colossali. Inizialmente i Pikmin sulla testa hanno una foglia, ma in determinate circostanze questa può diventare un bocciolo e poi un fiore. Più la “crescita” del Pikmin è avanzata, più agile e veloce questo diventa.
Man mano che recupera pezzi di navetta, Olimar potrà esplorare più regioni del pianeta, dove scoprirà altri tipi di Pikmin: quelli gialli dotati di orecchie, e quelli blu che hanno addirittura la bocca. Chiaramente queste non sono le uniche doti che li distinguono, i Pikmin rossi sono ignifughi, quelli blu respirano sott’acqua e quelli gialli sono particolarmente leggeri, possono quindi essere lanciati più in alto degli altri e trasportare senza pericolo le fragili rocce bomba.
Ora, se avete giocato ai capitoli successivi (o anche se conoscete i Pikmin solo grazie ai trofei di Smash), ricorderete i Pikmin gialli come “quelli che resistono all’elettricità”, ma mi duole dire che di elettricità in questo gioco non ce n’è l’ombra. Esatto, all’inizio i Pikmin gialli erano solo “quelli che portano le rocce bomba”. Anzi, visto che sono stati trovati nei file di gioco icone di Pikmin di altri colori che portano rocce bomba, i gialli dovevano essere solo “quelli che possono essere lanciati più in alto degli altri”. Ok, capito che magari hanno pensato di dare ai tre Pikmin la specializzazione in fuoco, acqua e aria, ma… quando si dice “the short end of the stick”! Anzi, sarebbe interessante sapere cosa è venuto prima nello sviluppo di Pikmin 2, se l’abbandono delle rocce bomba come armi o l’introduzione dell’elettricità. Ma non divaghiamo…

Il gioco è strutturato a “giornate”, come i suoi successori, al termine delle quali Olimar deve salire a bordo del suo catorcio di nave e restare in orbita per la notte, visto che quando cala il sole si aggirano molti più predatori per il pianeta. I Pikmin invece seguiranno la nave a bordo dei loro nidi volanti, chiamati (sempre da Olimar) Cipolle. Il gioco tuttavia non è infinito, poiché il nostro ha un’autonomia di soli 30 giorni per ritrovare tutti i pezzi di navetta ed andarsene. Caso unico nella serie, il primo Pikmin ha finali multipli: se Olimar recupera tutti i 30 pezzi (impresa tutt’altro che impossibile) entro 30 giorni ci sarà il “good ending”; se ne recupera almeno 25 (lasciando indietro 5 pezzi speciali denominati “facoltativi”) avremo il finale normale, ma se il giocatore fallisce nel recuperare i 25 pezzi essenziali entro 30 giorni, Olimar tenterà comunque di decollare, ma si schianterà di nuovo sul pianeta e i Pikmin lo porteranno alla Cipolla e trasformeranno in uno di loro (forse per non farlo morire?)

I livelli del gioco sono cinque: il Luogo dell’Impatto, un livello di piccole dimensioni dove Olimar incontra i Pikmin per la prima volta; la Foresta Speranza, dalla vegetazione lussureggiante (per creature delle dimensioni di Olimar sono lussureggianti pure i nostri giardini) e i molti pericoli; l’Ombelico della Foresta, una buia spelonca; la Fonte Remota, con molte zone d’acqua esplorabili solo dai Pikmin blu; e infine la Prova Finale, un altro livello piccolo che contiene solo il boss finale e l’ultimo pezzo di nave (con un ultimo micidiale puzzle che richiede di controllare tutti i Pikmin contemporaneamente).
Sembrano pochi i livelli, ma data la natura “cronometrata” del gioco, ci vuole un bel po’ per esplorarne ogni anfratto. Sta tutto al giocatore organizzare Pikmin e tempo per ripulire i livelli, perdere meno Pikmin e magari crearne il più possibile. Per questo, ogni playthrough è diversa dalla precedente: si avrà sempre imparato qualche trucco o qualche strategia alternativa per gestire il nostro piccolo esercito. Nascosti nei livelli ci sono anche dei piccoli ma micidiali boss, tra i quali figurano lo Scarabeo corazzato, dal robusto esoscheletro che spara massi contro di noi, e il Puffstool, un perfido fungo che con le sue spore “droga” i Pikmin per rivoltarli contro Olimar.
- Vermentilla squamata (Shiropedes anacondii)
- Scarabeo corazzato (Granitus chukkulinae)
- Puffstool (nome sconosciuto)
- Longopede (Pseudoarachnia armoralis)
Per chi proprio non ne ha mai abbastanza, è presente una Modalità Sfida, in cui, selezionato il livello, si ha una giornata (in-game) di tempo per creare più Pikmin possibile.
A me che ho giocato prima ai capitoli successivi, risulta un po’ scomodo poter gestire un solo personaggio, si sente estremamente la mancanza di un aiutante che estragga i Pikmin alla base mentre il giocatore continua l’esplorazione, o con cui dividersi le varie mansioni durante la giornata. Non so se questa cosa derivi dal fatto di aver giocato prima gli altri capitoli, comunque il numero di capitani disponibili è aumentato a partire dal sequel.
Pikmin è un gioco di grande atmosfera, e nonostante la sua apparente natura calma e tranquilla (falsa impressione data dalle ambientazioni e dalla musica) richiede riflessi pronti e capacità organizzativa. Ovviamente la prima partita, non conoscendo il layout dei livelli, andrà diecimila volte peggio di tutte le successive, ma ehi, è utile imparare dai propri errori, no?

I Pikmin sono simpatici, anche se qualcuno ogni tanto brawlamente inciampa o si incastra da qualche parte, ed è estremamente soddisfacente suddividere i loro compiti e vederli tornare alla base trasportando il bottino come formiche. Meno soddisfacente è quando si va impreparati ad affrontare un boss e si assiste alla strage di Pikmin, sentendosi così un pessimo capo. Fortunatamente il gioco ha l’opzione di “tornare indietro nel tempo” e ricominciare a giocare anche da una giornata precedente. NOTA: in corso d’opera ho scoperto che questa cosa è possibile solo nella versione New Play Control… oh be’, un motivo in più per giocare quella!
Pikmin non è privo di segreti: ci sono diverse cose che alla prima partita potrebbero sfuggire, ad esempio…
A partire dal giorno 8, tornando al luogo dell’impatto nei giorni pari si incontreranno le Mamute, delle creature brutte ma amichevoli che sotterrando i Pikmin li trasformano in fiori; mentre nei giorni dispari si troverà il Goolix, una specie di lumaca miniboss ricoperta d’acqua. La cosa del boss gelatinoso deve essere piaciuta molto agli sviluppatori, visto che nei sequel… beh, ne parleremo un’altra volta. Un’altra creatura che mi era completamente sfuggita la prima volta che ho giocato è il Progg, un boss segreto pericolosissimo che appare nella Fonte Remota se la si raggiunge prima del giorno 15.
Inutile dire, quindi, che Pikmin è un gioco che si presta immensamente alla rigiocabilità, spingendo i giocatori a sfidare se stessi a battere il proprio record precedente. Gli unici problemi sono la presenza di un solo capitano e il comportamento a volte un po’ derposo dei nostri piccoli aiutanti (il primo di questi problemi è stato risolto coi sequel, il secondo meno…); ma già da questo primo titolo la formula vincente era stata trovata. Il gioco non vendette molto, poco più di un milione di unità, ma ciò non scoraggiò Nintendo dal tentare di arricchire la formula con due seguiti: che aumentavano il numero di capitani gestibili in contemporanea e aggiungevano anche nuovi tipi di Pikmin. Di quelli però, parleremo un’altra volta. Stay tuned!
^Bonus: come mi sento mentre gioco a Pikmin.
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