L’ultimo Nintendo Direct ha portato non poche discussioni. Molte persone deluse, altrettante incuriosite, alcune estremamente soddisfatte. In questo marasma, io sono nel mezzo, ma, nel mio cauto ottimismo, mentirei se non dicessi che la demo di debutto di Project Triangle Strategy è stata la sorpresa più apprezzata dell’ultimo anno della line-up di Switch.
Tra gruppi di amici, addetti ai lavori e feedback dal pubblico, a pochi minuti dall’annuncio del Nintendo Direct, ho visto tirato in ballo il nome di Final Fantasy Tactics più del titolo del gioco annunciato. Quindi cos’è Project Triangle Strategy? Un tributo all’epoca aurea dei giochi di strategia su griglia degli anni ’90 targati Squaresoft? Sì, ma non solo.
Tactics sì, ma Ogre
Per dare un minimo di contesto: Project Triangle Strategy è l’ultima fatica (ancora in essere) del Team Asano, la divisione di Square Enix che prende il nome da Tomoya Asano, il produttore che ha dato i natali a Final Fantasy: Four Heroes of Light, la serie di Bravely, Various Daylife e, ultimo ma non meno importante, Octopath Traveler (con annesso mobage, Champions of the Continent). Proprio da quest’ultimo Triangle Strategy eredita engine, parte degli asset e stile artistico, al punto da aver canonizzato nel trailer l’inizio a tutti gli effetti della serie “HD-2D“, nomignolo precedentemente utilizzato solo per descrivere la modernizzazione operata sul classico stile in pixel art 16-bit.
I giochi del Team Asano hanno una caratteristica comune: il prendere a modello le glorie del passato di Square, tirarle a lucido e aggiungere ai titoli finali il loro marchio contraddistintivo, solitamente condito da una buona dose di sovversione nella trama ed elementi metanarrativi, spesso mutuati dalle meccaniche di gioco o dai titoli dei giochi stessi.
Fino ad oggi, il Team ha sempre preso a modello giochi fortemente “classici” nella loro filosofia, seppur innovativi per l’epoca in cui uscirono. La serie di Bravely prende forte spunto dal filone di Final Fantasy III (espanso successivamente dal V), Octopath Traveler dagli altri due Final Fantasy per SNES, IV e VI.
Triangle Strategy, tuttavia, si ispira ad un gioco ben più sperimentale, la cui lunga coda influenza tutt’ora il genere strategico giapponese. Sto parlando di Tactics Ogre, il secondo gioco sviluppato dal leggendario team di Yasumi Matsuno (allora dipendente di Quest), la cui filosofia di game design è ben più di avanguardia. Dalle meccaniche fortemente strategiche, al marcato focus sulla politica e sulla storia del mondo di gioco, all’ancora maggiore enfasi sulle scelte, con un sistema di alignment e una struttura narrativa a sliding doors che permetteva al giocatore di scegliere come portare avanti il conflitto e da che parte schierarsi. Tutto questo nel 1995, su SNES.
La Leggenda di Yasumi Matsuno
La mia ossessione per le personalità dietro alle opere che prediligo non è nuova. Yasumi Matsuno è una di quelle personalità.
Carriera iniziata in Quest, un’unità di sviluppo di Enix, Matsuno lavorò sin da subito nel genere strategico, rilasciando nel 1993 Ogre Battle: March of the Black Queen, uno strategico in tempo reale che sanciva l’inizio della serie “Ogre”, di cui Tactics Ogre è il secondo capitolo, nonché suo biglietto da visita per entrare nell’allora Squaresoft. Lì sviluppò, sotto diretta richiesta di Hironobu Sakaguchi, uno spin-off strategico della serie ammiraglia della compagnia: così nacque Final Fantasy Tactics.
In un’interessantissima intervista riportata da Shmuplations scopriamo che non dobbiamo andare troppo lontani per tracciare le origini di Final Fantasy Tactics, in quanto il game designer giapponese si ispirava spesso a situazioni realmente in essere, o accadute nella sua vita. Di seguito riportiamo un estratto tradotto per maggiore contesto:
“Beh… in realtà è molto interessante. La verità è che i temi che ho incluso nei miei giochi hanno spesso riflesso le persone e le situazioni con cui avevo a che fare all’epoca.
Ad esempio, in Final Fantasy Tactics… il tema della società classista, dei nobili e della plebe, è tutto originato dal mio ingresso in Square. Come potete immaginare, lì c’erano individui paragonabili alla nobiltà: il loro talento e il capitale sociale da loro accumulato… mi hanno fatto dubitare che qualcuno senza quei prerequisiti potesse mai avere successo in quel contesto, nonostante l’impegno profuso. E queste idee sono state trasposte nel gioco.”

In perfetta continuità, sulla carta, si pone Project Triangle Strategy: la prima scena della demo è un ampio preambolo storico alla situazione politica e bellica del continente di riferimento, con tre grandi nazioni tra loro contrapposte che fino a pochi anni prima avevano combattuto una guerra totalmente basata sul controllo delle risorse, in particolare ferro e sale, fondamentali per l’economia. Lo stile di dialogo è ampolloso, pieno di orpelli, i personaggi sono stoici, fortemente radicati nei propri ideali. Ogni lato pensa di aver ragione e di star portando avanti l’unica guerra che valga la pena di essere combattuta. Da questo punto di vista, per un gioco che deve ancora avere almeno un anno di sviluppo, i presupposti positivi sono molti. Eviterei tuttavia di scendere troppo nei dettagli della storia perché potrebbe essere fortemente diversa nel gioco finale e poiché non abbiamo ancora tutti gli elementi per poterla analizzare al meglio, dato il giusto inizio in medias res (dal Capitolo 6) per dare al giocatore la possibilità di sperimentare le meccaniche di gioco.

Un mondo interattivo
Proprio le meccaniche di gioco sono il fiore all’occhiello, e il più grande punto di distacco, del prototipo del Team Asano dal suo metro di paragone. Rimane l’enfasi sulla verticalità, con attacchi che cambiano di potenza o di raggio a seconda dell’altezza della casella da cui vengono eseguiti. Centrale è anche il susseguirsi dei turni, con un sistema che assegna le azioni ai personaggi in base alla loro statistica di velocità, e non dividendo il gameplay in diverse fasi per ogni schieramento, come accade in Fire Emblem.
Accanto a queste tradizioni rispettate, troviamo interessantissime evoluzioni della formula di Tactics Ogre. Un posto di prim’ordine giocano le magie, molto secondarie invece sul titolo diretto da Matsuno. Magie che a loro volta hanno forti impatti sul terreno di gioco, andando ad aumentare l’attenzione richiesta dal giocatore sul posizionamento delle proprie unità; non solo c’è necessità di sfruttare la verticalità, ma bisogna anche tenere conto della tipologia delle singole caselle che calpestiamo. Alcune possono essere incendiate, altre congelate per rallentare il movimento. Gli specchi d’acqua propagano la magia elettrica, in un elettroshock utile per infliggere danno ad area.
Non mancano congegni, leve, scale e altri elementi con cui le nostre unità potranno interagire per ribaltare le sorti del conflitto, sbloccando nuove porzioni di mappa, o rendendole inaccessibili agli avversari.

Seppur ancora giustamente grezzo in elementi come l’interfaccia grafica o l’implementazione delle meccaniche sulle mappe, il gioco ha ancora molto tempo di sviluppo davanti a sé, ben più di quanto ne necessiti. Nonostante ciò, la situazione può solo migliorare e, se il gameplay risulta già quasi completamente approfondito, si potranno allocare risorse in altri ambiti, dove ci sono ancora margini di crescita.
Buono il setting, ma lo svolgimento?
Uno di questi ambiti è proprio la scrittura dei dialoghi e la generale presentazione delle scene. Nella demo di debutto le cutscene doppiate sono state molte, alcune di impatto, ma altrettante estremamente statiche. Mi rendo conto che parte di questa staticità derivi anche dallo stile grafico utilizzato. Tactics Ogre, tuttavia, nella sua versione aggiornata per PSP, Let Us Cling Together, ha proposto una soluzione a mio parere da replicare in Triangle Strategy. Se chiedere che si adattino i dialoghi all’inglese di Alexander O. Smith può sembrare troppo ambizioso, si potrebbero senz’altro aggiungere dei ritratti accanto alle box di dialogo con i volti dei personaggi, magari anche con espressioni dinamiche per dare maggiore enfasi a ciò che si sta dicendo. Ciò non richiederebbe di cambiare la telecamera isometrica utilizzata durante le scene, basterebbe riadattare la box di dialogo in dimensione e posizionamento, andando a ritoccare la dimensione del font già che ci siamo, fin troppo piccola per essere letta agevolmente su schermi che non siano monitor da scrivania.
“Rendilo biblico”
Altro box, altra intervista. Come Yasumi Matsuno, anche Alexander O. Smith ha un’importante storia da raccontare: quella di come la localizzazione in inglese dei giochi è riuscita a fare il salto di qualità definitivo. Lo stile del traduttore inglese, infatti, non nasce unicamente da un suo estro. Fu Squaresoft stessa a chiedergli di adottare quel preciso stile, tra l’arcaico e l’aulico, per tradurre Vagrant Story. In una ben più ampia intervista a UsGamer, il traduttore dettaglia per filo e per segno come andò la questione.
Purtroppo di Alexander O. Smith ne abbiamo uno, ma avere la possibilità di leggere dei dialoghi ispirati al suo stile e doppiati con voci di qualità in Project Triangle Strategy potrebbe essere un ottimo modo per dare ancora maggiore tono alle scene su schermo. La strada è quella giusta, ci auspichiamo un salto di qualità.

Il marchio di fabbrica “Asano”
Nonostante queste piccole sbavature, Project Triangle Strategy sembra promettere decisamente bene, non solo come tributo, ma anche come riproposizione evoluta di una visione del genere strategico, ormai persa negli anni. La trama ha la possibilità di evolversi in modi imprevedibili e al tempo stesso interessanti. La libera esplorazione delle mappe, prima dello scontro su di esse, permette al giocatore di raccogliere input diretti e indiretti sul terreno di guerra e di pianificare in anticipo la propria strategia. La raccolta di informazioni, dai compagni o dai sudditi del proprio feudo, lascia spazio a decisioni informate da poter discutere prima delle ramificazioni della storia. Decisioni che, come presentato dal trailer di gioco, verranno prese in maniera quasi esclusivamente democratica. Davanti a dubbi amletici, ci rivolgeremo infatti alla Bilancia risolutrice, giudice finale della strada da intraprendere, scelta da un concilio, costituito dai principali personaggi del gioco, in una votazione dove uno conta uno, in pieno stile democratico. Scordatevi quindi dinamiche per le quali magicamente, grazie al vostro carisma, commuoverete intere fazioni a seguirvi nella vostra avventura allo sbaraglio. Vi è la possibilità di perorare la vostra causa, provando a convincere gli altri votanti, ma non è detto che con discorsi, anche apparentemente logici, riuscirete ad ottenere ciò che volete. L’estremo realismo di questa meccanica, che rappresenta alla perfezione la locuzione latina “verba volant, scripta manent“, mi lascia non poco intrigato per la sua implementazione nel gioco finale, su una casistica più ampia e con più elementi da gestire per arrivare alla persuasione.

Sperando che arrivi presto un questionario dove poter esprimere le nostre opinioni, vi ricordiamo che il prossimo 26 febbraio uscirà Bravely Default II.
Sarà una logica fallace, ma se prima di Project Triangle Strategy non nutrivo particolare interesse per il nuovo capitolo della serie Bravely, ora per proprietà transitiva, applicata un po’ come mi pare, credo proprio che lo recupererò. Un team di così modeste dimensioni non può sviluppare al tempo stesso un gioco che non mi attrae e uno che sembra essere su misura per me. Magari mi sbaglio, ma credo che il Team Asano in questo momento abbia guadagnato tutta la fiducia di cui ha bisogno. Attendendo speranzosi aggiornamenti sul progetto, speriamo che questo rinascimento dei giochi strategici porti Square Enix a riconsiderare le loro altre serie nel dimenticatoio, tra cui Ogre, Final Fantasy Tactics e Front Mission.