Il mondo virtuale di Nintendo esiste già?

4 min.
09.04.2016
A ruota libera


Quanti di voi ricordano che un tempo la realtà virtuale veniva annoverata nella fantascienza? Io sì. Nell’immaginario collettivo degli anni ’90 e dei primi anni del duemila era impressa nell’immaginario collettivo come il simbolo malato del cyberpunk: in nebulose e caotiche metropoli dove tutto è automatizzato da computer senzienti, l’uomo si rinchiudeva nelle sue quattro mura mentali e vedeva nell’esperienza di una connessione visivo-neuronale una nuova, malata, definizione di libertà.

Di acqua ne è passata sotto i ponti. Oggi, nel 2016, dopo annunci, rinvii e forme sperimentali, a fine Aprile la Virtual Reality finalmente arriva nella sua prima ondata commerciale. Per ora la rivoluzione virtuale è solamente accessibile a pochi, visti i prezzi proibitivi di visori e PC che li supporterebbero, quindi il mercato attuale non sembrerà subirne. Ma questo sarà probabilmente il primo passo verso un cambio radicale di intendere il virtuale e nello specifico del videogiocare tutto: come vediamo crescere generazioni di bambini avere sempre più un rapporto simbiontico con gli smartphone, probabilmente un giorno futuro accadrà lo stesso con la realtà virtuale. Quello che più si teme, e che in generale la fantascienza ci ha sempre messo in guardia, è che potremmo non distinguere più la realtà, tanto saremmo immersi negli immersivi mondi proposti dai visori.

Traendo spunto dall’articolo di Jon Irwin, diviene invece chiaro che Nintendo stia invece puntando nella direzione opposta. No, non sta facendo l’hipster a caso, come spesso pensiamo.

Torniamo negli anni ’90, quando la grande N era la regina incontrastata del mercato videoludico, talmente tanto che il loro nome era comunemente rimpiazzato per definire meglio parole comuni come “videogioco” e “console”. Torniamo al 1995, quando per la quinta generazione la Nintendo crea e produce il Virtual Boy, una console sperimentale che per la prima volta introduce sul mercato le tre dimensioni percepite dall’occhio umano. Anche solamente guardandola in foto è evidente la sua peculiarità: per seguire l’azione bisognava guardare attraverso il suo visore integrato, che all’epoca creava una vera realtà virtuale i cui unici colori presenti furono il rosso e il nero. Non sta a me ricordare le relative cause del clamoroso fallimento economico che questa console portò in casa Nintendo, ormai divenuto leggendario nell’ambiente, oltre ad essere stato il suicidio professionale di Gunpei Yokoi.

Qualche tempo fa lo provai ad una fiera: l'effetto non mi dava fastidio, ma era scomodissimo giocarci.
Qualche tempo fa lo provai ad una fiera: l’effetto non mi dava fastidio, ma era scomodissimo giocarci.

Quello che è interessante è la strada intrapresa successivamente a quel fallimento. Nintendo si era resa conto che il pubblico non era propriamente interessato a osservare da una finestra imbottita di gomma un mondo virtuale e totalizzante, costringendoli all’alienazione e completo distaccamento da quello reale. In questo senso diventa emblematica la svolta casual e social presa nel 2006 con il Wii: gli amati/odiati sensori di movimento e i Mii.

I primi sono stati chiaramente non soltanto la causa della devastazione nei nostri salotti, ma il modo con cui Nintendo ci stava rendendo una parte operante del gioco, ma lontani dal farne parte. I Mii invece sono stati la prima forma di avatar multi funzionali nella storia delle console, la prima volta che abbiamo visto un’immagine virtuale di noi essere direttamente protagonista dell’azione, che si trattasse di giocare a tennis, picchiare personaggi a Smash Bros o gareggiare fianco a fianco a Mario e amici su Mario Kart. Il grande successo di Nintendo nella settima generazione è stato questo: avvicinare persone di ogni età, affascinate dalla possibilità di poter toccare il virtuale senza mai “scottarsi”

Mi auguro che non abbiate mai assistito questa scena con i vostri nonni. Brrr.
Mi auguro che non abbiate mai assistito questa scena con i vostri nonni. Brrr.

Lo stesso leitmotiv viene ereditato dal Nintendo 3DS, che spinge l’acceleratore sulla componente social, portando il nostro Mii a fare chilometri di strada con noi per ottenere le agognate monete e incontrare altri giocatori per andare avanti nei minigiochi della Piazza Streetpass. Incredibile ma vero, Nintendo ora ha creato una gigantesca autostrada mondiale, dove noi guidatori ci incontriamo saltuariamente, ci salutiamo e ci scambiamo al volo le figurine prima di ripartire. Una prima rudimentale forma di condivisione “senza attrito”, apparentemente passiva nella sua ricezione, ma attiva nelle premesse. Perché è sostanzialmente questo il motivo per cui, dopo 3 anni che lo posseggo, continuo a portarmi dietro la console, facendo sempre tappa a McDonald’s e Gamestop, e inconsciamente ho imparato a riconoscere tutti i maggiori giocatori della mia città, anche fuori dagli Streetpass Meeting.

Anche il Wii U nelle sue intenzioni doveva essere un modo di “abbellire” la realtà con l’intromissione di quella videoludica tramite il secondo schermo del Gamepad: idee come lo zaino di Zombi U se sfruttate a dovere, potevano davvero cambiare la prospettiva del videogioco da salotto, creando esperienze asincrone davvero intrattenenti e appassionanti. Ma si sa, non sempre la ricetta riesce bene, nemmeno se sei Nintendo.

Miitomo e Pokémon GO sono l’ultimo tassello della politica di Nintendo. Il primo lo stiamo provando in questi giorni e siamo arrivati alla conclusione che si tratti di una versione semplificata e priva egli eccessi di Ask.fm, mista a un semplice ed intuitivo The Sims, dove possiamo dare sfogo alle nostre voglie narcisistiche personali e quelle voyeristiche sociali verso il prossimo. Quando lo vidi la prima volta, mi ha ricordato con stupore Oz, il MMORPG omnicomprensivo che regolava il mondo in Summer Wars, film d’animazione giapponese diretto da Mamoru Hosoda. Seppur per uno scopo prettamente ludico, Miitomo sembra l’embrione di quel programma e di quel futuro prossimo.

Fra l'altro vi consiglio di recuperarlo, merita. Piccola chicca: guardate cosa tengono in mano i bambini.
Fra l’altro vi consiglio di recuperarlo, merita. Piccola chicca: guardate cosa tengono in mano i bambini.

Pokémon GO invece sarà non solo la massificazione dell’amata formula videoludica dell’acchiappamostri, ma anche una nuova chiave di lettura per la nostra realtà: immaginatevi davvero di cercare in luoghi sempre più specifici del mondo reale il Pokémon che volete e di continuare a connettervi con amici e sconosciuti combattendo sui vostri cellulari. Nintendo, quatta quatta, sta realmente progettando il futuro del nostro videogiocare.

In conclusione, posso veramente affermare che la nostra compagnia di videogiochi preferita ha già deposto le uova di una realtà virtuale, ma non quella buia e isolante che la fantascienza c’ha abituato a considerare, nemmeno quella che sta per uscire sul mercato, che ci permette di essere Divinità in uno spazio irreale. Quello che i piani alti di Nintendo hanno visto è il nostro mondo, arricchito e abbellito da uno virtuale attivo e aperto a tutti, che diventa una parte positiva e socialmente accettata del nostro medium preferito.

E menomale, perché un mondo come Sword Art Online mi farebbe abbastanza schifo.

Rabbrividisco al solo pensiero.
Rabbrividisco al solo pensiero.