Finalmente Trails of Cold Steel IV, l’ultimo capitolo della serie, è arrivato. Dopo il finale del III non vedevo l’ora di giocare il seguito diretto, l’atto finale che avrebbe concluso la storia di Rean Schwarzer e l’arco ereboniano della serie Trails (o Kiseki se siete weeb). Non vedevo così l’ora che in realtà ho acquistato la versione PlayStation 4 per giocarlo a ottobre, perché davvero con un cliffhanger del genere non potevo aspettare tutti questi mesi. Ora che però è uscita anche la versione per Nintendo Switch voglio parlarvi di questo titolo e anche un po’ della serie in generale.
MENZIONERÒ BREVEMENTE UNO SPOILER sul finale di Cold Steel III e l’inizio del IV, che è stato presentato nei trailer del gioco, quindi se preferite evitarlo vi suggerisco di saltare il prossimo paragrafo e il breve frammento nella sezione sulla trama. Vorrei evitare di parlare di eventi importanti, ma questo è necessario per introdurre altre parti della recensione.
Come ho detto il gioco è il capitolo finale della serie Cold Steel, che dovrebbe concludere l’arco ambientato nell’Impero ereboniano, una delle nazioni di questa serie. Dico dovrebbe perché in Giappone è uscito un ulteriore gioco, intitolato Hajimari no Kiseki, che racconta altri eventi secondari avvenuti dopo la fine Cold Steel IV, esplorandoli meglio di quanto succeda in questo gioco. Ad ogni modo, il titolo inizia esattamente nel punto in cui era finito Cold Steel III, ci troveremo a controllare Juna e gli altri studenti della Nuova Classe VII per cercare di localizzare il luogo in cui Rean Schwarzer è stato rinchiuso.
Che cos’è la serie Trails
Trails è una delle serie di punta di Nihon Falcom, compagnia giapponese che ha sviluppato RPG dall’inizio degli anni ‘80. I Trails per la precisione fanno parte della più grande saga The Legend of Heroes, ma dal 2004 a oggi sono gli unici titoli TLoH a essere usciti e quindi il nome Trails ha bene o male soppiantato il titolo completo. Nel 2004 appunto uscì il primo titolo, Trails in the Sky, che ci ha introdotti al continente di Zemuria e le sue nazioni, in particolare il Regno di Liberl, dove il gioco è ambientato. Da lì in poi la serie ha continuato a espandersi, con nuovi archi narrativi ambientati in altri Stati e momenti temporali. Trails in the Sky inizia infatti nel 1202 del calendario di gioco, Cold Steel invece inizia nel 1204 e Cold Steel IV è ambientato nell’agosto del 1206. Trattandosi appunto dello stesso continente e di momenti temporali vicini tra loro, ci sono molti personaggi ricorrenti tra i vari archi narrativi, giocabili e non, come Estelle e Joshua, i protagonisti di Trails in the Sky. Uno degli elementi più apprezzati della serie è infatti il mondo stesso, molto vivo e in continua evoluzione, con personaggi che viaggiano in giro, storie che continuano a progredire, come Anton, un NPC assolutamente irrilevante ai fini della storia, che però continua a girare la Zemuria alla ricerca del vero amore, fin dal primo gioco.
Il finale che tanto aspettavamo
La trama di Trails of Cold Steel IV è divisa in 3 atti, più un prologo e un finale, che seguono tutti più o meno lo stesso schema fisso: c’è un obiettivo principale che costituisce la parte finale di ogni atto e poi tante sottosezioni con pezzi di storia più brevi, intervallati da missioni secondarie, esplorazione, dungeon e combattimenti. Questa struttura narrativa è sempre stata presente nella serie, ma è diventata più evidente man mano che si è proseguito con i capitoli e qui probabilmente raggiunge il culmine.
Di per sé non c’è nulla di male nell’avere uno schema per come si svolgono le varie fasi del gioco, ma i problemi cominciano a sorgere quando le attività secondarie travolgono la trama principale. Questo purtroppo è quello che succede nella parte centrale di Cold Steel IV: si inizia con il primo atto in cui succedono moltissime cose, si vede la crescita dei nuovi membri della Classe Sette, rimasti senza la loro guida che devono andare a salvare, si vede come la guerra sta impattando i vari cittadini dell’Impero. La parte finale dell’atto è fantastica, non voglio raccontare ciò che succede per non rovinarvi l’esperienza. Il secondo atto inizia pure bene, crea il giusto setting per il futuro, solo che poi… non succede niente. Si rivisitano sempre gli stessi luoghi dove non è cambiato nulla, a parte i dialoghi, ma il succo rimane lo stesso.
Eseguito quasi perfettamente
Questa parte del gioco è sostanzialmente un enorme filler, ricco di missioni secondarie, eventi con i vari membri del party e NPC, ma che non porta avanti di un millimetro la trama generale. Personalmente, il world building di questa serie è una delle parti che preferisco, così come il fatto che gli NPC abbiano una propria vita, anziché essere semplici comparse. Il problema è che questo dovrebbe essere un’aggiunta, non il contenuto principale di una parte di gioco da 20 ore; a un certo punto mi ero dimenticato cosa dovesse accadere a livello di trama, finché non sono arrivato al finale dell’atto, dove la storia è finalmente ripartita. Da lì in poi Cold Steel IV è tornato a essere un’esperienza fantastica, ma quel pezzo intermedio mi ha quasi fatto abbandonare il gioco.

Se vi state chiedendo come mai ci sia un pezzo di gioco così grande in cui non succede nulla, la ragione è che in realtà Cold Steel III e IV dovevano essere un titolo unico, ma a causa della quantità di testo hanno dovuto dividerlo in due e quindi hanno voluto allungare un po’ il brodo. E già così entrambi i giochi sono enormi, Cold Steel III dura tranquillamente una sessantina di ore, anche 100 se si punta a fare tutto il contenuto secondario, e il IV non è da meno. Se siete fan della saga, questa non sarà esattamente una novità, anzi proprio i primi due Trails in the Sky erano stati separati per la stessa ragione (e riempiti con un po’ troppi filler a mio parere).

Nihon Falcom è una compagnia piuttosto piccola (conta circa 60 persone) quindi deve mantenere un certo ritmo nella produzione dei giochi, per questo a volte è costretta a spezzare in due titoli che dovrebbero costituirne uno unico. E per questo ogni tanto escono i finali cliffhanger come in Cold Steel III che tanto odio ma che mi portano sempre a prendere il gioco successivo.
Ad ogni modo, la trama del gioco è stupenda e, anche se l’atto 2 ha un pessimo ritmo, vale la pena di stringere i denti e andare avanti. I momenti finali sono alcuni dei più belli della saga Trails, sia per i fan di Cold Steel sia per chi apprezza di più gli altri capitoli. La bellezza, ma anche la maledizione di questo titolo, è che non è solo appunto un finale per la saga Cold Steel, ma porta al termine storie che vanno avanti da quasi 10 anni, come nell’arco di Crossbell o addirittura Trails in the Sky.
Un gameplay tradizionale
Come gli altri capitoli della serie, Trails of Cold Steel IV è un RPG a turni: in particolare, se avete giocato il III a livello di gameplay è esattamente uguale, tranne per qualche ribilanciamento generale che però ha reso solo leggermente meno facile distruggere il gioco (per esempio Arcane Gale fa molto meno danno). Se però avete giocato a Cold Steel III non starete a guardare ‘sta recensione, avete già comprato e finito il IV due volte. Per tutti voi altri che magari non avete mai giocato un capitolo della serie, il sistema di combattimento è appunto quello tipico di un gioco a turni, ma con alcune particolarità. Trails of Cold Steel IV presenta tantissime meccaniche, questo perché il gameplay dei Trails non è mai cambiato negli anni, si è solo evoluto di capitolo in capitolo aggiungendo qualcosa di nuovo, che raramente è stato rimosso nei titoli successivi.

Inizialmente si trattava di un gioco di ruolo con meccaniche tipiche del genere, i personaggi avevano abilità proprie (chiamate Craft) e delle magie che si sbloccavano equipaggiando particolari cristalli definiti Quartz. I Quartz in Trails of Cold Steel funzionano in maniera molto simile alle Materia in Final Fantasy VII, ognuno sblocca certe magie o potenziamenti per il personaggio e possono essere equipaggiati in modalità limitata. Non andrò a spiegare ulteriormente come funziona, ma mi limiterò a dire che la personalizzazione offerta da questo sistema è tantissima e ha continuato a migliorare negli anni.
L’ordine in cui le azioni si susseguono è la particolarità più grande, infatti è deciso da un punteggio nascosto chiamato AP che ogni personaggio ha. Maggiore è il numero di AP, più tardi agirà il personaggio, però la velocità aumenta il consumo durante i turni altrui, permettendo quindi di agire prima. Gli AP vengono generati con ogni azione del gioco, ma in quantità diversa, quindi per esempio attaccare ne genera di più che muoversi o usare oggetti.

A rendere più interessanti le cose è il fatto che con certe azioni è possibile incrementare o ridurre gli AP di un bersaglio, garantendoci così maggiore controllo sui combattimenti. Si possono per esempio ritardare gli attacchi di un nemico, permettendo così di curarsi o applicare buff, o far agire subito dei compagni per sferrare l’attacco finale. Fortunatamente non è così facile farlo molte volte di fila, come nei primi due Cold Steel, dove i nemici erano letteralmente impossibilitati ad attaccare (per colpa di un bug mai sistemato). Si può fare, ma richiede più preparazione e non si può continuare la cosa all’infinito, un miglioramento decisamente apprezzato rispetto ai capitoli precedenti.
Ma in continua evoluzione
Come detto, negli anni Nihon Falcom ha voluto svecchiare la formula aggiungendo nuove meccaniche, la principale delle quali sono i Brave Points. Questi punti vengono accumulati durante le battaglie attaccando i nemici con determinate condizioni e sbloccano diverse opzioni: il Rush, il Burst e soprattutto i Brave Orders. I primi due sono semplicemente azioni d’attacco aggiuntive per il party, ma l’uso principale di questi punti sono gli ultimi, i Brave Orders. Questi infatti sono sostanzialmente abilità passive da attivare a comando spendendo un numero variabile di punti (ognuno ha il suo costo) e forniscono bonus dagli effetti variabili (e fortissimi) a tutto il party. Abbiamo Ordini che aumentano i danni inflitti, diminuiscono quelli subiti o permettono in qualche modo di agire più frequentemente.

Purtroppo come meccanica questi sono talmente efficaci che non ha senso spendere i Brave Points per altro, perché Rush e Burst non portano benefici dello stesso livello. Per quanto all’inizio i Brave Order siano più deboli e quindi il gioco possa sembrare più difficile, non ci vuole troppo prima di sbloccarne di più forti, al punto da non far agire i nemici attaccando costantemente e azzerando subito gli AP alleati ad esempio. Sicuramente sono una meccanica divertente da usare, ma personalmente l’ho trovata un po’ come usare i trucchi, per cui alla lunga stancano. Per questo sono anche contento che il sistema di combattimento cambi col prossimo titolo in uscita in Giappone (Kuro no Kiseki), ormai quello attuale ha dato tutto ciò che poteva dare come sistema, aggiungere meccaniche renderebbe solo peggiori le lotte e toglierne qualcuna potrebbe risultare in un sistema inferiore.
Forse Rean ha un po’ troppo successo
Ma cosa si fa quando non si è impegnati a salvare il mondo o a combattere mostri di varie forme e aspetto? Il gioco è costellato di attività secondarie da svolgere, dalle classiche side quest a veri e propri minigiochi. Una delle attività più importanti di Cold Steel IV però sono i Bonding Events, speciali sezioni in cui i personaggi hanno una conversazione a cuore aperto col protagonista (infatti verranno sbloccati solo dopo aver salvato Rean) tramite la quale approfondiranno la loro relazione.
Ognuno dei personaggi principali del gioco ha almeno un paio di questi eventi, in particolare le ragazze, che man mano riveleranno il loro grande amore per l’affascinante Ashen Chevalier. Sicuramente ci sono persone che apprezzano la possibilità di scegliere il proprio partner nel gioco, vista anche la grande varietà di personaggi. Io personalmente non ne sono un grande fan, primo perché in una serie di casi sembra un confessione forzata dal fatto di essere un personaggio femminile, non perché ci sia un vero interesse maturato nel tempo.

La ragione principale per cui non apprezzo questa meccanica, però, è che ogni Cold Steel durante la storia cerca sempre di suggerire che la coppia “canonica” siano Rean e Alisa, ma la cosa non viene mai esplorata molto. Questo viene fatto tramite una serie di scene che cercano di far capire come il loro rapporto sia più profondo rispetto agli altri personaggi, però allo stesso tempo non si va mai oltre queste scenette.
Il che è un gran peccato, perché poteva essere una storia d’amore degna rivale di quella tra Estelle e Joshua, i protagonisti di Trails in the Sky. Il fatto poi che tutti i personaggi femminili principali possano avere una relazione romantica con Rean ha un po’ rovinato la loro personalità, tant’è che i Bonding Events coi maschi sono decisamente più interessanti rispetto a quelli con le ragazze, dove si cerca di costruire un interesse amoroso che in certi casi non sta da nessuna parte.

Con ciò non voglio dire che i personaggi femminili del gioco siano brutti o mal eseguiti, anche perché abbiamo avuto quattro giochi da 60 ore l’uno per vedere il loro sviluppo, ma sicuramente l’assenza di un harem avrebbe giovato molto. Avrei sinceramente preferito che i Bonding Events fossero volti solo ad approfondire i vari personaggi, come accade coi maschi, e avessero tenuto come unica partner Alisa, visto che appunto molte volte cercano di spingere la coppia come se fosse quella canonica. O se si vuole lasciare la possibilità di scelta, ridurla solo a quelle che hanno un senso e non sono forzate tanto per. E dateci la romance con Crow, codardi.
Conclusione
Per quanto io mi sia lamentato un po’ tanto del gioco, voglio rassicurarvi del fatto che si tratta di un titolo fantastico, il mio preferito della serie, ma non è consigliabile come primo capitolo. Non ripeterò mai abbastanza che Trails of Cold Steel IV non è solo l’atto conclusivo della saga Cold Steel, ma è anche il culmine della serie Trails al momento, è dove tutti i giochi usciti finora convergono per la battaglia finale.
Per questa ragione io consiglierei di giocare almeno gli altri Cold Steel (i primi due si trovano facilmente su Steam o, se capite il giapponese, usciranno su Switch in estate, mentre il terzo è uscito a giugno 2020 su Switch), se non addirittura l’intera serie. Ne vale assolutamente la pena, non solo perché questo titolo è molto bello, non consiglierei mai a nessuno di giocarsi 9 titoli così lunghi solo per apprezzare un finale, ma perché ogni singolo capitolo è incredibile a modo suo.
Anche se dal lato tecnico non sono nulla di speciale, anzi sono piuttosto carenti in certi casi, l’ambientazione, i personaggi, le trame e la musica sono davvero di alta qualità. Per quello che sono riuscito a vedere su Nintendo Switch Cold Steel IV sembra girare meglio del III a livello di frame rate e ho incontrato un solo crash nei primi minuti di gioco, poi più nulla per le restanti ore. C’è da dire che non sono ancora arrivato a Crossbell, che anche nel III era l’area dove il frame rate aveva più difficoltà, ma non penso che possa essere peggio (se volete un’analisi più dettagliata su risoluzione e frame rate vi rimando a questo interessante articolo, anche se in inglese, dove c’è anche un paragone con la versione PlayStation 4).
Breaking Dawn/10
Trails of Cold Steel IV è il perfetto finale della serie e, nonostante il pessimo ritmo che il gioco ha in certi momenti, personalmente il mio capitolo preferito. Purtroppo non è facilmente accessibile per la sua stessa natura, sconsiglio a chi non abbia mai giocato la serie di iniziare da qui, ma se volete sapere se ne vale la pena, la risposta è: assolutamente.