La nostalgia delle console open source

4 min.
19.04.2017
A ruota libera


Spesso nella vita capitano quelle situazioni in cui non bastava saperne parlare, ma bisognava viverla. Essere in quel momento lì, a vivere qualcosa di irripetibile. Un esempio può essere gli albori di Internet e la comunità di Newsground, da cui si affermeranno gli sviluppatori di giochi come Alien Hominid, Super Meat Boy o il più recente Snipperclips – Diamoci un taglio! per Nintendo Switch. Un altro esempio sono le prime fiere del fumetto, che fungevano allora da raduno per le varie comunità presenti nei forum dell’allora 2009, un qualcosa che magari oggi, tra StreetPass Meeting, Facebook ed eventi sempre più “social” sembra essere diventata la norma. E poi c’erano quelle cose che potevi scoprire solo ed esclusivamente all’interno di queste comunità, come ad esempio delle console portatili alternative alle più blasonate, conosciute solo da una nicchia di persone, ma che ti facevano sentire come in una seconda casa. Ed io persi l’occasione di farne parte, ma di limitarmi a seguirne l’evoluzione come un bambino che sbava dietro alle vetrine dei negozi.

Ma cosa avevano di così particolare queste console? Cosa le rendeva così affascinanti e soprattutto, cosa dovrebbero importare a noi?

gp2xcaanoo

La differenza principale che saltava subito all’occhio era il loro ambiente di sviluppo. Libero, senza restrizioni. Venivano chiamate console open source, ed erano piattaforme basate su Linux, in grado di eseguire sia giochi commerciali che altri sviluppati da una comunità composta di sviluppatori provenienti da tutto il mondo. Prodotta dalla coreana GamePark, la GP32 era la prima console del 2001 a permettere di venire usata per giochi, come ad esempio Riviera: The Promised Land (il quale arriverà poi su Game Boy Advance), visualizzare contenuti multimediali e soprattutto, a permettere di emulare con buoni risultati console come il NES, il Game Boy e perfino il Mega Drive. Non c’era nulla del genere prima di allora, e tutto ciò era possibile grazie alla collaborazione, gratuita, di volontari provenienti da tutto il mondo.

Era sostanzialmente una console dell’internet, che non faceva altro che alimentare le discussioni sui forum tra gli appassionati del retrogaming e della tecnologia. E seguire quelle discussioni, ragazzi miei, non aveva davvero prezzo. Erano interessanti, ogni giorno poteva venire rilasciato un nuovo emulatore, un nuovo homebrew, e la piattaforma sostanzialmente si evolveva col tempo.

Nel 2005 la GamePark si scisse in due società, la prima mantenne il nome originale, provando a sviluppare un hardware (mai rilasciato) in grado di rivaleggiare con la PSP di nome XGP, mentre l’altra, chiamata GamePark Holdings, continuò con le console appartenenti alla serie GP2X. Evoluzioni dell’originale GP32 certo, ma che continuavano nel corso degli anni ad offrire miglioramenti aggiungendo uno schermo touch, nuovi tasti di fuoco (per sopperire al carente GP32) e un supporto migliore. Console come Wiz o Caanoo erano sostanzialmente una fucina per tutti gli sviluppatori, i quali riuscirono anche a portare giochi come DOOM, Cave Story e le avventure grafiche della LucasArts o piattaforme come il Super Nintendo, il Game Boy Advance e perfino il MAME! Era qualcosa di davvero incredibile per una piattaforma del genere.
Certo, era già possibile tramite un qualsiasi PC riuscire a fare le stesse cose, ma volevate mettere con la comodità di avere una console portatile dedicata? Non vi ricorda forse qualcosa?

E le GP2X non erano ovviamente sole. Poco più a ovest dalla Corea del Sud, in Cina, altre compagnie cercarono di entrare in quel mercato, sviluppando alternative piuttosto economiche (sui 60-70€ rispetto ai 110-150€ delle console GPH) come il Dingoo. Una console che era pensata a fare il semplice compitino di Portable Media Player, in un periodo in cui andavano in voga gli MP4 tarocchi per chi era pezzente come me da non permettersi l’iPod. Ma la comunità ha voluto credere nel progetto, arrivando perfino a realizzare una distro di Linux apposita, Dingux, che offriva emulatori migliori di quelli preinstallati. E pur non essendo potente come la sorella coreana, anche Dingoo aveva un suo perché. E nei forum non c’era più la diatriba “PSP o DS?” quanto “GP2X o Dingoo?”

Game Boy Micro a chi? Fonte immagine:
Game Boy Micro a chi? Fonte immagine: Rise of the Triad Headquarters.

E io stesso ci sono caduto. Anche io ero incuriosito da queste piattaforme, e se da un lato volevo risparmiare e puntare su un Dingoo, sapevo già che la scelta migliore era, sia per qualità e supporto, la GP2X. Eppure mi lasciai scappare questa occasione, vuoi per via del passare degli anni, vuoi per via dell’avvento di console come il Nintendo 3DS o PlayStation Vita, per via di una scena PSP ormai maturata e che, MAME e Super Nintendo a parte, era più che sufficiente per le mie esigenze. Ma dovevo pensarci prima, visto né la Game Park Holdings o la Dingoo Digital Technology sarebbero durate in eterno. Esattamente com’erano nate erano sparite, e con esse i loro prodotti.

Eppure la GPH ci vede giusto nel supportare gli sviluppatori indipendenti con la sua piattaforma, cercando anche di ripagarli tramite la piattaforma online FunGP, che sarebbe dovuto essere su Caanoo quello che è oggi il nostro Nintendo eShop. Oggi queste piattaforme sono dai più dimenticate, esattamente come sono arrivate sono sparite. E per quanto il loro posto sia stato preso dalle varie console cinesi dotate di Android che, emulatori a parte, non hanno nulla da spartire con la filosofia originale che portavano quelle piattaforme, e si sia provato a riportare in auge la scena con la console americana GCW Zero, ormai i tempi sono cambiati e abbiamo scelte decisamente migliori per apprezzare il retrogame ma anche la scena indipendente. Carpe diem, insomma.