Personalmente ritengo di essere materialista all’inverosimile. E sapete una cosa? Non mi dispiace. Non vedo perché dovrei, non mi sono mai trovato molto d’accordo con tutte quelle menate etiche ormai stereotipate che si leggono o si sentono in giro. Tuttavia, penso che ad ogni cosa ci debba essere un certo limite, che ad ogni fenomeno sia necessario imporre dei paletti. È questo il caso dell’industria dell’intrattenimento.
Oh, non fraintendetemi, io adoro essere intrattenuto. Fosse per me passerei tutta la mia vita a friggermi il cervello coi videogiochi, a vedere film e serie TV varie e a leggere fumetti e romanzi di ogni stampo, non sprecherei nemmeno tempo a buttar giù articoli come quello che state leggendo in questo momento. Quindi, su cosa vuole polemizzare il buon (?) Jun questa volta? Non sui prodotti come tali (anzi, non ci potrei vivere senza, l’ho già fatto intendere), bensì sui loro involucri, sulle loro spoglie fisiche.
Ed ecco che arriva la premessa: è da parecchio che volevo scrivere questo articolo, da molto, tipo da quando gira quel rumor secondo il quale la prossima console di Nintendo potrebbe non avere alcun supporto fisico (quali dischi o cartucce) ai giochi. Insomma, c’è una minima possibilità che Project NX sia una console concepita per l’acquisto di giochi unicamente in via digitale. Bene, ok, chi se ne frega, giusto? Sbagliato, a quanto pare, perché ben presto ho cominciato a leggere in giro commenti di parecchi appassionati indignati per questa decisione e che già cominciavano a pronosticare il fallimento della console per questa precisa ragione. E a me qua viene solo da chiedere… “perché?”. Cosa c’è di male? Per quale motivo rinunciare a delle custodie di plastica è così problematico per le persone?
Questo è essenzialmente preoccuparsi più dell’apparenza che della sostanza. E non è qualcosa che coinvolge il solo mercato dei videogiochi, affatto. Sono note, infatti, le argomentazioni dei puristi della lettura, che mai sostituirebbero un libro tradizionale con un ebook per via dell’… odore della carta, o qualche cacchiata del genere che io davvero non riesco a comprendere. Sul serio.

Insomma, gente, il digital delivery è l’inevitabile futuro della distribuzione dei prodotti di intrattenimento. E guardiamo in faccia la realtà, pre-acquistare un gioco, scaricarlo ed essere in grado di giocarlo già alla mezzanotte del giorno prefissato per il lancio è infinitamente più comodo del recarsi in negozio per acquistare una copia fisica. E che dire del risparmio di spazio? Non tutti ne hanno abbastanza a disposizione per poter conservare adeguatamente la propria intera collezione di videogiochi. Vogliamo parlare del fatto che i giochi nella loro forma fisica sono soggetti alle “intemperie”, mentre il digitale, esistendo solo virtualmente, no?
Infine c’è l’aspetto che preferisco: l’accessibilità. Avete presente quella sensazione che sopraggiunge quando avete voglia di giocare a qualcosa di specifico? Tipo, non so, Smash Bros.? Accendete il Wii U (dopo un po’ di tempo di inutilizzo, magari), aspettate il caricamento del Menù Home e… DANNAZIONE, c’è il disco di Splatoon dentro. Non voglio giocare a Splatoon, voglio giocare a Smash Bros. Ora mi tocca alzarmi, cercare la custodia di Smash Bros. e cambiare il gioco. E sì, non è richiesta tutta questa grande fatica per fare qualcosa di così semplice, ma in un’era nella quale la tecnologia ci ha abituato ad essere dei pigroni, anche un’operazione di questo genere dà la sensazione di essere superflua, non necessaria, scocciante addirittura. Con il Digital Delivery, invece, ci viene fornita semplicemente una lista di giochi e noi dobbiamo solo selezionare quello che ci interessa in quel momento. E non cominciate con menate del genere “ti fai sopraffare della tecnologia, gnè gnè”. Fatemi il favore, state parlando con qualcuno che condanna la realtà virtuale per questa precisa ragione e comunque non è certamente qualcosa di così insignificante che mi rende uno schiavo delle macchine.
E sto tralasciando le questioni ecologiche (che non dovrebbero MAI essere ignorate, ma chissene) e i vantaggi economici che la vendita in digitale porta sia al consumatore che al produttore (e anche questo aspetto non andrebbe sottovalutato, ma va beh).

D’altro canto, però, Nintendo.
Nintendo, come al solito, si fa riconoscere, ma nel modo sbagliato. Non si può di certo dire che l’eShop sia all’avanguardia, dato che lega l’acquisto dei giochi alla console stessa (il che vuol dire che se la console si rompe, potete dire addio alla vostra intera libreria). E i prezzi? Decisamente troppo elevati nella maggior parte dei casi.
Quindi sì, acquistare prodotti in digitale su Wii U e Nintendo 3DS non è particolarmente conveniente, è impossibile negarlo, ma il futuro ci attende e Nintendo sta finalmente sviluppando un sistema di account unici simile a quelli che Microsoft e Sony hanno già messo a punto anni fa per le loro rispettive console. Alla luce di tutte queste considerazioni, insomma, per quali motivi dovremmo temere il lancio di una console DD-only? A meno che non siate dei superficialoni a cui dei libri interessa più contemplare la copertina che leggere la storia, per nessuno.