Uno dei primi videogiochi che ho mai giocato nella mia vita era un gioco di Aladdin. No, non quel gioco di Aladdin, un gioco di Aladdin. Trattavasi di Aladdin: La sfida per Agrabah (noto in yankeelandia come Aladdin Math Quest) pubblicato nel 1998 per PC e tra le altre cose uno dei pochi materiali su licenza (non film) in cui la voce del Genio appartiene al compianto Robin Williams. Nonostante la quantità di minigiochi matematici presenti in quel gioco, oggi non lavoro al CERN, bensì sono qui a portarvi una recensione di Disney Classic Games: Aladdin and The Lion King per Nintendo Switch.
Like a Virgin, ported for the very first time
Ve lo dico perché, pure se non ho mai toccato in versione originale nessuno dei titoli presenti in questa raccolta, qualsiasi gioco di Aladdin ha un posto speciale nel mio cuore: conoscevo quei giochi ben prima dei film, tanto da chiedermi sempre perché Iago fosse cattivo nel film e buono nelle altre cose.
In ogni caso, questa raccolta è stata curata da uno studio che col tempo abbiamo imparato a conoscere ed amare: Digital Eclipse, e distribuita da Nighthawk Games (Runbow, Killer Queen Black, Virtual Rick-ality e altro), anche se ovviamente il primo logo che vediamo è del mega colosso per bambini più amato di Hollywoo, Disney.
C’è però un’altra azienda piena di soldi che dietro le quinte ha reso tutto questo possibile: Virgin. Infatti tutti i giochi qui presenti erano stati originariamente sviluppati da Virgin Interactive (che prima si chiamava Virgin Games ma non è l’attuale Virgin Games), e credo sia il momento di un bel riepilogo di quello che in questa raccolta c’è e quello che non c’è.

Dal lato Aladdin abbiamo un sacco di roba: c’è Aladdin per SEGA Mega Drive, di nuovo Aladdin MD ma in versione Final Cut, di nuovo Aladdin MD ma in giapponese, la versione Game Boy (peraltro basata su quella NES, qui non presente) e per finire una demo presentata al Consumer Electronic Show di Chicago nel 1993 e mai riproposta ufficialmente al grande pubblico. Mancano clamorosamente la versione SNES (farina del sacco di Capcom e con Shinji Mikami per designer) e quella Game Boy Color (di Crawdaddy/Ubi Soft. Esiste una versione “Handheld Color” ma non è altro che quello che si otterrebbe ficcando la cartuccia GB in un Super Game Boy. O un GBC, o un GBA, o un GB Player, ma insomma non è la versione GBC).
Al Re Leone è andata peggio (o meglio?), visto che sono presenti sia la versione Mega Drive che Super Nintendo (quest’ultima sia occidentale che giapponese) e quella Game Boy e “Handheld Color”, ma nessuna chicca segreta. A quanto pare gli sviluppatori del Re Leone non sono stati altrettanto disponibili come quelli di Aladdin nel raccontare e fornire dettagli succosi.
Già che ci sono, approfitto del titolo ambiguo di questo paragrafo per lamentarmi di una cosa già incontrata in SNK 40th Anniversary Collection: l’allergia di Digital Eclipse per i nomi. Qui è particolarmente snervante visto che si tratta di pochi giochi in diverse versioni, a cui però dobbiamo arrivare con la logica senza che ci venga detto chiaramente. Game Boy è solo “Handheld” e dimenticate “Mega Drive” e “Super Nintendo”, qui abbiamo Console S e Console N. Alla faccia di genitore 1 e genitore 2. La supererai questa fobia, Digital Eclipse? Chissà.
Le sue schiave non sono mai stanche
Cominciamo pertanto da Aladdin per SEGA Mega Drive, un titolo noto ai nostalgici e agli amanti dei remix in 16 bit delle musiche Disney, a cui però io non avevo mai giocato. Il gioco segue a grandi linee la trama del film, con Aladdin che balzella per il medio oriente cercando di rimorchiare la principessa Jasmine. Le armi a nostra disposizione sono due: una spada e il lancio delle mele, proiettili limitati che raccoglieremo in giro per i livelli e che possono eliminare i nemici con la stessa efficacia di un’arma da taglio. Un dettaglio molto carino è che, visto che quasi tutti i nemici usano spade e coltelli, se con un fendente intercettano una nostra mela, la taglieranno a metà in pieno stile Fruit Ninja ante litteram.

Le due cose che mi hanno colpito di questo gioco sono state le animazioni buffe dei nemici, in pieno stile Disney, unite alla quantità di dettagli simpatici sullo sfondo (un cartello di Stop in mezzo al deserto, giusto in caso qualcuno dubitasse che è tutto dopo una guerra nucleare) e il level design che io chiamo “alla SEGA”.
Ho notato in diversi titoli SEGA Mega Drive dell’epoca, come ad esempio Castle of Illusion starring Mickey Mouse e ovviamente i vari Sonic, questo level design che non è mai “inizio a sinistra e fine a destra”, ma i livelli sono sempre intricati e si avvolgono su se stessi all’interno di un rettangolo, tanto che spesso non si capisce come i vari pezzi s’incastrino tra loro. Non è un difetto eh, solo straniante per chi è abituato alla linearità dei giochi Nintendo 2D.
Oltre alle mele si raccolgono anche rubini, usati per acquistare vite extra dal mercante apparso all’inizio del film, che appare anche qui nei livelli. Ci sono anche gettoni a forma di faccia di Abu, che permettono di cimentarsi in un livello bonus, e a forma di faccia di Genio, che ci fanno giocare a una slot machine tra un livello e l’altro, i cui premi sono sempre rubini mele e vite extra. In certi livelli appaiono anche dei boss, ma i metodi per batterli non sono mai più complicati di “colpiscili finché non muoiono”, o al massimo “tira loro mele finché non muoiono perché per qualche motivo sono immuni alla spada”. Tra l’altro la spada non appariva neanche nella versione SNES, sono ancora più curioso ora.
Ah, dimenticavo di menzionare che quando Al cammina per un po’ in linea retta, se cerchiamo di fermarci scivolerà in avanti stile Luigi. Oltre ad aumentare la difficoltà in modo fasullo è anche abbastanza inutile, visto che raramente capiteranno dei rettilinei abbastanza lunghi perché questa meccanica venga chiamata in causa.

Ma parliamo della Final Cut, di cosa si tratta? Ehm… non saprei dirlo con certezza, ma secondo la descrizione del gioco sono stati risolti dei bug e migliorate le collisioni dei nemici. Non ho notato molte differenze, ma nelle sagge parole della nebulosa Dio “Se fai le cose per bene, nessuno sospetterà che tu abbia fatto realmente qualcosa”. In ogni caso, è la versione che gli sviluppatori vorrebbero che giocaste, volete deluderli?
Ora mi improvviserò Cutting Room Floor e vi parlerò della versione demo, giocare la quale è un’occasione che non capita tutti i giorni. Inutile dire che la grafica e le animazioni sono più grezze, e sono presenti solo tre livelli: i due ambientati nelle strade di Agrabah e quello nella lampada del Genio.
Nel primo di questi notiamo alcuni nemici non presenti nel gioco finale, i rubini sono un po’ diversi e i checkpoint lo sono molto. Imperdonabile l’assenza dei cammelli su cui rimbalzare. Alla fine del livello incontriamo, in versione molto più debole, il boss Gazeem (ricordate, il ladruncolo che Jafar buttava nella Caverna all’inizio del film), poi spostato al secondo livello di Agrabah.

Nella lampada il level design è completamente diverso dalla versione finale: invece che verso destra bisogna muoversi in alto, rotolando su palle con la faccia del Genio e saltando su piattaforme fatte come le sue mani. Inoltre, questo livello è completamente privo di musica ed effetti sonori.
Nell’ultimo livello di Agrabah ci rendiamo conto di quanto sia stato potenziato il fendente di Aladdin mentre è appeso a una corda nel gioco finale, in questa versione è così lento da essere quasi inutile. Come boss c’è il capo delle guardie, Razoul, che è senza gambe e per qualche motivo immune alla spada, cedendo solo sotto le terribili mele.
La versione Game Boy, com’è prevedibile, è alquanto semplificata, ma la struttura generale dei livelli è la stessa, seppur con meno nemici e alcuni boss rimossi. Manca anche totalmente il livello nella lampada. Abbiamo ancora le due armi, spada e mele, ma avendo il GB solo due tasti, dobbiamo premerne un terzo per alternare tra i due attacchi, senza alcuna indicazione visibile di quale attacco è attivo al momento. Inoltre, per risparmiare memoria, ogni proiettile da lancio nemico è un coltello, anche quelli sputati dai cammelli e dai pesci. Ahia. Per finire, ogni cosa nella versione Game Boy si muove lentissima e Al salta in modo lunare. Inferiore sotto ogni aspetto, ma rimane un pezzo di storia dei primi giochi multipiattaforma.

Ma che dolce poesia…
Il Re Leone, la storia di un regno governato da una dinastia di dittatori che uccidono i loro sudditi a piacimento, convinti che questo privilegio appartenga loro per discendenza e diritto divino, e una rivolta degli oppressi che vogliono dare pari diritti a predatori e saprofagi porta l’apocalisse e la carestia, che finisce magicamente appena l’erede della famiglia di dittatori torna sul trono. Lo dico già, su questo gioco ho meno roba da dire. Non perché il gioco faccia schifo, solo che rispetto ad Aladdin c’è molto meno contenuto, sia come versioni di gioco che come extra. E poi sì, fa schifo.
La versione Super Nintendo e quella Mega Drive sono praticamente lo stesso gioco. L’unica differenza è che la versione SEGA, nonostante il “blast processing” ha una grafica e un suono nettamente peggiori, soprattutto quando si tratta delle poche clip vocali campionate nell’audio.

Il gioco si divide in due parti: Simba cucciolo e Simba adulto. Simba cucciolo ha zero attacchi se non ruggire (miagolare) addosso ai nemici e rimbalzare su di loro alla Mario, mentre Simba adulto può vantare una zampata lenta e patetica oppure il gettarsi contro i nemici stile gatto per poi lanciarli via, mossa che funziona solo quando cavolo pare a lei. Devo lodare il comparto tecnico però, la grafica è molto bella da vedere, e rende bene il passaggio dalla spensieratezza dell’infanzia di Simba all’apocalisse dell’età adulta, ma il gioco cade nella trappola del “non si distingue cosa è parte dello sfondo e su cosa si può stare”, soprattutto nel livello di Voglio diventar presto un re, che è comunque molto creativo… se sai cosa fare, sennò è fastidioso oltre ogni misura.

La versione Game Boy segue a grandi linee lo stesso principio di quella di Aladdin: stessi livelli ma semplificati. Il suono del ruggito di Simba sembra il verso di un Pokémon, anzi nemmeno, il suono di un attacco Pokémon in RBG. E voglio salutare l’ignoto autore del testo di questa versione, che poi è probabilmente passato a dirigere i giochi di Bubsy, visto i mirabolanti giochi di parole come THE MANE EVENT subito prima del livello Voglio diventar presto un re e PAWS quando si mette in pausa. Inoltre VDPUR è il livello che ha risentito di più del passaggio a 8 bit bianco e nero: da un mondo colorato e fantasioso a un deserto bianco di disperazione che vi farà rimpiangere il Regno d’Eztate di Super Paper Mario.

Straight from the Disney Vault
Ora, cos’hanno in comune Aladdin e Il Re Leone? Intendo, oltre ad avere un gioco 16 bit sviluppato da Virgin Interactive? Di entrambi è uscito un remake live action quest’anno, ovvio! Dobbiamo senza dubbio ringraziare la persona che ha proposto questa raccolta, perché se c’è qualcosa che Disney ama è ricordare la gente dei suoi film belli e nostalgici.
E oltre ai tanti giochi di questa raccolta, sono presenti un sacco e dico un sacco di extra. C’è da aspettarselo da Digital Eclipse, dopo il lavorone che hanno fatto con i classici SNK, ma la chicca qui è che non ci sono solo materiali dietro le quinte dei giochi, ma anche dei film! Bozzetti, note per gli animatori, per i coloristi, perfino alcune pagine della “Bibbia” di Aladdin. Per un fan della Disney e della storia dell’animazione è una manna dal cielo. E oltre a questo interviste agli sviluppatori su come hanno lavorato fianco a fianco con Disney per trasporre al meglio i disegni in pixel, e tante altre cose.
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Di nuovo, devo ribadire che la bilancia pende decisamente di più dal lato di Aladdin, dove sono presenti, per esempio, anche sprite animati di personaggi tagliati dal gioco, che non appaiono nemmeno nella demo. Gli autori del Re Leone si erano alzati dal lato sbagliato quel giorno, che ve devo di’.
Come diceva il nostro buon Sal, se c’è una cosa buona nella morte di Virtual Console è che ha spinto i publisher a muovere le chiappe e pubblicare raccolte dei loro vecchi titoli su console moderne, e questa è esattamente una di quelle volte. Chi si sente nostalgico per questi due film Disney in particolare e non vuole sganciare per vedere i remake live action può tranquillamente ripiegare su queste versioni. Per chi li conosce a menadito e per chi non li ha mai toccati in vita sua. In particolare, per i principianti, è apprezzata la funzione ormai marchio di fabbrica di Digital Eclipse: il rewind con il tasto R. Del perché penso sia un’aggiunta fantastica ne ho già parlato nella recensione di Mega Man, ma tutte le riproposizioni di giochi classici dovrebbero averlo. E intendo in modo intuitivo come questi giochi, non quella roba strana che ha fatto Nintendo con i giochi di NES/SNES online.
SEX/10
- Due giochi classici in tutte le versioni che non sapevate di volere
- Una vagonata di extra che dimostrano l’amore di Digital Eclipse
- Musica e grafiche deliziose oggi come allora
- The Lion King ha… molti difetti
- Tutte le versioni non-Virgin mancano all’appello