Nello sconfinato (quanto in continua espansione) universo videoludico, ognuno di noi transita da un pianeta a un altro, con la speranza di visitare un nuovo luogo che sia anche piacevole, familiare e riconoscibile. Ce n’è però sempre uno, personale, in cui si fa ritorno di tanto in tanto, che sia per affetto o per la mera voglia di intrattenersi, che sia per nostalgia o per osservarlo con occhi diversi. Nel mio caso, questo pianeta si chiama Animal Crossing.
Il titolo si è distinto negli anni per le sua caratterizzazione wholesome unita a un così accessibile stile di gameplay come può essere quello di un simulatore di vita e fin dal 2001 ha intrattenuto in egual misura sia il pubblico maschile che femminile. A 17 anni di distanza, ci ritroviamo di nuovo di fronte all’annuncio di un nuovo capitolo, questa volta per il nostro amato Nintendo Switch. Si sa poco, se non nulla, di quello che avverrà a prodotto ultimato nel 2019, eppure è bastato un Tom Nook un po’ assonnato e indaffarato a far smuovere i cuori di milioni di giocatori, assopitisi durante questi anni di attesa. Dall’uscita di New Leaf ne è passata di acqua sotto i ponti, ma un’acqua colorata e piena di aspettative con però un retrogusto di nostalgia, delusione e voglia di novità. E ora che finalmente ci è stata promessa una del tutto nuova esperienza, cosa aspettarsi da ciò che avverrà? Quali sono le nostre speranze e le nostre paure? Siamo qui apposta per parlarne.

Uno sguardo al passato
Nel lontano 2001, durante l’era del GameCube, esce il primo capitolo della serie Animal Crossing, che porrà le basi per i successivi titoli. Il gioco ebbe un discreto successo, ma fu l’avvento delle console portatili di nuova generazione che permise di far raggiungere al gioco un target più variopinto. Animal Crossing : Wild World su Nintendo DS aveva qualcosa di particolare, di diverso, e non solo per lo stile di gameplay peculiare rispetto ai più classici giochi della console. Ciò che caratterizzava Wild World era l’atmosfera in cui si era immersi. La vita nel villaggio (dal nome scelto personalmente da noi) era una vita tranquilla, in cui potevi prenderti il tuo tempo e seguire il tuo ritmo, perché nulla ti correva dietro e tutto sarebbe andato per il verso giusto e senza alcun problema. A parte le erbacce. E l’affitto. E Resetti. E “Oh mio Dio non ho innaffiato i fiori ieri, e mo’? AIUTO LA DESERTIFICAZIONE”. Ma ehi, non è un simulatore di VITA vero e proprio senza qualche piccola complicazione. Il gioco era perfettamente equilibrato nella sua interazione con i vari abitanti e le attività disponibili, e la componente temporale che seguiva l’orario della giornata arricchiva ancora di più l’esperienza di gioco. In questo senso, Animal Crossing non era più di tanto una seconda vita, quanto un posto speciale e personale, da poter visitare ogni giorno, che teneva impegnati nel completo relax. A Wild World mancava ancora qualcosina, magari un mondo esplorabile che non si esaurisse all’interno del villaggio stesso. Con Let’s Go to the City, e l’aggiunta di un nuovo luogo come la città (o la zona dei negozi), il mondo di gioco si arricchisce nelle sue attività, interazioni con i personaggi e oggetti di gioco. Ma l’apice è stato raggiunto con l’uscita di New Leaf, in cui tutti gli elementi che hanno caratterizzato l’esperienza di gioco negli anni precedenti sono stati risviluppati in un nuovo capitolo, in cui la classica vita da abitante di un piccolo villaggio si fonde con le responsabilità e le mille possibilità della carica di sindaco.

In seguito a quest’ultimo capitolo abbiamo ricevuto qualche contentino, ossia spin-off che del gioco originale hanno solo l’atmosfera e i personaggi. Happy Home Designer si basava sul’unica meccanica di designer di interni; Amiibo Festival, invece, ci ha proposto una variante di Mario Party; per quanto riguarda Pocket Camp abbiamo avuto una boccata d’aria fresca, ma con le enormi limitazioni di un gioco per smartphone. Nonostante ciò, la serie principale fino a questo punto è stata concepita in un crescendo di qualità e, di conseguenza, aspettative.
Cosa vogliamo ancora?
Premetto che le varie considerazioni presenti nelle prossime righe non sono solo frutto dalla mia personale esperienza di gioco, ma che ho voluto interpellare, prima della stesura, qualche veterano della serie che del gioco ne sa fin troppo (gente che lavorava giorno e notte con tile e QR Code, mica robetta).
Nell’interminabile lista di supposizioni, speranze e dichiarazioni fatte riguardo il prossimo capitolo, ho pensato, per semplificare, di suddividere il tutto in 3 categorie principali: “Novità”, “Libertà” e “Sviluppi tecnici”.
Novità, novità, novità
Ciò che aspettiamo con più trepidazione dal prossimo Animal Crossing, soprattutto per quanto riguarda i maniaci collezionisti e perfezionisti, è l’aggiunta di nuova roba (ringraziamo Verga per la citazione).
Nuovi e originali abitanti con cui interagire significano più intrattenimento, nuove personalità in cui imbattersi e un mondo di gioco più ricco e in continuo movimento. Insomma, più si è più ci si diverte!
Nuovi oggetti, acquistabili e non, rendono più longeva l’esperienza di gioco per gli accumulatori seriali, e più interessante e varia per chi fa della personalizzazione degli spazi un punto focale. L’aggiunta di nuovi strumenti, al di là degli intramontabili canna da pesca, retino etc., arricchirebbe il gameplay, dando la possibilità ai giocatori di occuparsi di altre attività per la raccolta di stelline e la personalizzazione del villaggio.

Quest’ultimo sarà anche uno, ma avere nuovi luoghi da esplorare e in cui intrattenersi (come lo erano l’isola di Tortimer e la zona campeggio di New Leaf) sarebbe tra le novità più apprezzate.
Insomma l’accrescimento puramente materiale del gioco sembra essere un punto fondamentale per i vecchi giocatori. D’altronde nuove “cose” significano nuove esperienze, e nuove esperienze significano nuove scelte, e nuove scelte significano più libertà.
Liberi
Come detto in precedenza, ciò che contraddistingue Animal Crossing è la sensazione di pace e libertà che lo contrappone nettamente alla everyday life del mondo reale. E quindi, perché non sfruttare la cosa rendendo ancora più personale lo spazio che ci si crea all’interno del gioco? In primis si potrebbe pensare a una più completa personalizzazione del personaggio, magari con tanto di editor, o alternativamente a più spazi di modifica nel villaggio stesso, oltre al solito Shampoo e Champagne della mitica Bigodina.
L’idea dell’essere sindaco del proprio villaggio apre un mondo di possibilità diverse e speriamo che questa meccanica venga trasposta anche nel prossimo capitolo, magari con qualche libertà in più.

La gestione degli spazi è un punto fondamentale per ogni giocatore di Animal Crossing che si rispetti. Rendere più accessibile la modifica dello spazio nel villaggio, dalle case degli altri abitanti alle componenti naturali, farebbe guadagnare di certo molti punti al nuovo titolo. Così anche come la gestione degli spazi casalinghi, da possibili reversibilità della grandezza della casa a una più ampia personalizzazione sia delle planimetrie che dell’ambiente esterno.
La componente temporale, se da un lato rende il gioco unico nel suo genere, dall’altro può spesso scontrarsi con gli interessi del videogiocatore, ma modificarlA ad hoc non è cosa facile. Ci aspettiamo però qualche sorpresa in questo ambito, magari con l’aggiunta di nuovi eventi.
Infine, un’idea interessante, e che personalmente mi farebbe luccicare gli occhi, sarebbe quella di implementare un sistema gestionale del proprio negozio, in modo tale da non lasciare più quel senso di passività nei confronti dell’economia del mondo di gioco. Un’idea che si avvicina molto al sistema di Ricicla e Ricrea, ma con un tocco estremamente più personale.
La libertà di azione non è data solo dall’annullamento dei vincoli decisionali, ma anche dall’aggiungersi di nuove opportunità, su Animal Crossing come nella vita di tutti i giorni, e speriamo vivamente che gli sviluppatori lo tengano bene a mente.
Riguardo al lato tecnico…
Animal Crossing, come buona parte dei giochi Nintendo, non si è mai contraddistinto per avere avuto un reparto tecnico ottimale, quanto piuttosto uno artistico con i contro fiocchi. Nonostante questo speriamo in una migliore resa grafica rispetto ai titoli precedenti, cosa estremamente plausibile considerando anche le capacità tecniche di Nintendo Switch, comparate a quelle del 3DS e simili.

Sarà di sicuro piacevole scoprire come sfrutteranno le potenzialità della console, come il motion control dei Joy-Con, magari per la pesca, per gli insetti, o per altre attività aggiuntive fuori dalla solita vita del villaggio.
Dal punto di vista artistico c’è poco di cui aver paura, lo stile colorato e “puccioso” del gioco di sicuro ci accompagnerà anche nel prossimo capitolo, e le musiche, quelle splendide melodie che coronano l’arco della giornata, non saranno da meno (o almeno, si spera…).
Come ultimo punto, sarebbe gradito un miglioramento tecnico nell’esperienza online, che nei vecchi titoli della serie risultava poco curata, con problemi di lag e disconnessioni immotivate, che rischiavano solo di rovinare un baratto andato a buon fine.
Insomma, in questo campo ci affidiamo interamente al sapere degli sviluppatori, che auspicabilmente faranno un lavoro egregio nel mantenere alta la reputazione di Animal Crossing.
Conclusioni
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Come già detto in precedenza, le aspettative sono alte, un po’ perché così siamo stati abituati nel tempo, un po’ per quel sentimento di affetto e fiducia che si è costruito con i fan nel corso della serie. Ma si sa che quando le aspettative sono tante e alte, basta poco per farle crollare. Le paure ci sono: paura che la voglia di novità oscuri ciò che ha reso caratteristica la serie, paura che la troppa libertà offuschi l’intrattenimento e insipidisca il tutto o paura che gli sviluppatori facciano un disastro nello sfruttare le potenzialità di Nintendo Switch. Non ci resta che credere nel magnate dell’edilizia Tom Nook, che da stakanovista quale è, di sicuro ci regalerà l’ennesima esperienza indimenticabile, anche senza l’aiuto della cara Fuffi, ahimè anch’ella indaffarata…

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